Contagio alla Casa Sacra Famiglia di Fratta Polesine, muore una ospite

Morta di coronavirus una ospite della Casa Sacra Famiglia di Fratta
ROVIGO - Sette nuovi contagi accertati fra i residenti in Polesine, due dei quali di personale ospedaliero, fra Rovigo e Trecenta, tre invece nell’ambito della casa Sacra...

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ROVIGO - Sette nuovi contagi accertati fra i residenti in Polesine, due dei quali di personale ospedaliero, fra Rovigo e Trecenta, tre invece nell’ambito della casa Sacra Famiglia di Fratta dove si è registrato anche il quarto decesso, una 72enne ospite, la prima che era risultata positiva al virus nella struttura, ai quali si somma il riscontro di positività in un anziano, residente a Este (Padova), che dopo la chiusura dell’Ospedale di Schiavonia era stato ricoverato nel reparto di Geriatria dell’ospedale di Rovigo il 20 marzo per un’importante patologia.

Era asintomatico e lo è stato per tutto il periodo di degenza, ma probabilmente covava il virus e quando, in previsione del trasferimento in una struttura residenziale per anziani del Padovano, è stato sottoposto al tampone come prevedono i protocolli specifici, il responso del laboratorio è stato di positività.
L’anziano è stato così trasferito all’ospedale di Trecenta, polo Covid provinciale. In tutto i casi positivi riscontrati fra i residenti in provincia di Rovigo salgono quindi a 136. E se il numero di decessi è salito a quattro, fortunatamente cresce anche quello dei guariti che arriva a quota 9. Un segnale incoraggiante in una situazione ancora complessa, che vede sì la curva di crescita meno ripida, ma comunque continuare a crescere inesorabilmente. Con 35 persone ricoverate per Coronavirus, 7 in Pneumologia e Terapia semintensiva polmonare al settimo piano dell’ospedale di Rovigo ed una in Malattie infettive, mentre a Trecenta 18 persone sono nell’apposita Area Covid e 9 in Terapia intensiva.

TRASFERIMENTI
Oggi si dovrebbe completare il trasferimento degli ultimi otto ricoverati a Rovigo al San Luca, che ospiterà così tutti i pazienti Covid del Polesine. Fra i contagi registrati ieri, oltre a quello di una 48enne bassopolesana che era già in isolamento domiciliare perché un suo familiare era già risultato positivo e quello di una 41enne altopolesana, a sua volta già in isolamento per il contatto con un caso positivo in ambiente di lavoro, gli altri sono riconducibili tutti a strutture sanitarie: un 41enne ospite e due operatrici, di 42 e 50 anni, della Casa Sacra Famiglia di Fratta, una 48enne altopolesana, operatrice sociosanitaria dell’ospedale di Trecenta, che, è stato spiegato dal direttore generale dell’Ulss Polesana Antonio Compostella, «era venuta a contatto con un paziente risultato positivo nell’ambito dello screening eseguito per lo svuotamento dell’ospedale e che era stata poi assente dal lavoro per qualche giorno per la comparsa di sintomatologia e che è stata quindi sottoposta al test che ne ha evidenziato la positività», e di una 48enne basspolesana, altra infermiera dell’ospedale di Rovigo, che aveva eseguito il tampone dopo il riscontro della positività di altre due colleghe di reparto e che era già in isolamento domiciliare.

OPERATORI CONTAGIATI

Salgono quindi a otto gli operatori dell’Ulss Polesana contagiati dal Coronavirus, due a Trecenta, sei a Rovigo, due in Urologia e tre di un altro reparto sul quale però non arrivano specificazioni da parte dell’azienda. «È chiaro che chi è in prima linea in questo momento di dilagare dell’epidemia è esposto a rischi nonostante tutte le protezioni - ammette Compostella -. Se guardiamo agli altri ospedali, tuttavia, è un numero tutto sommato al momento fortunatamente ridotto. E non ci sono focolai. A volte fra l’altro i contagi sono avvenuti esternamente. Queste situazioni, oltre alle ripercussioni sulla persona positiva, sia per i sintomi che per l’impatto psicologico, hanno ripercussioni anche sull’operatività singoli reparti. Non c’è solo infatti il singolo operatore posto in isolamento ma anche altri professionisti che vengono posti in isolamento cautelare. Grazie alle assunzioni straordinarie e alla riorganizzazione, possibile per la riduzione do alcune attività, siamo in grado di sopperire all’assenza delle persone o positive o in isolamento. Gli ospedali sono luoghi sicuri, ma dobbiamo abituarci all’idea che, per quanto una struttura sia controllata, per quanto gli operatori utilizzino i dispositivi di protezione individuali e per quanto i pazienti vengano attentamente valutati, si possano verificare positività sia nei pazienti che nel personale, perché il virus magari è stato contratto prima di essere ricoverato o perché un operatore può contagiarsi anche al di fuori dell’ospedale. L’importante è tenere alta la guardia e agire rapidamente. Dobbiamo minimizzare i rischi e continuare a fare il nostro mestiere negli ospedali». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino