PADOVA - «La macchina si è messa in moto senza una valutazione del rischio. Questo è il vero problema». Lo ha sottolineato Andrea Crisanti, direttore del...
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«Io avrei cercato di capire quanti sono i casi Regione per Regione - ha aggiunto - facendo emergere l'iceberg dei casi sommersi, ovvero le persone che non riescono ad avere una diagnosi e che rimangono a casa. Il rischio dipende da come sono distribuiti questi casi sul territorio».
Infine Crisanti ha rivolto a Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, anch'egli ospite di “Mezz'ora in più”, la richiesta di far emergere i casi sommersi di Covid-19, per una migliore programmazione della fase 2. «Sono dell'opinione – ha continuato Crisanti - che una riapertura differenziale fatta per regioni ci avrebbe dato la possibilità di valutare la nostra capacità di reazione, che non è stata minimamente testata. Non sappiamo se siamo in grado di spegnere un nuovo focolaio. Che facciamo, lo spegniamo con il solito metodo, cioè mettiamo le persone a casa? Perché chiudere tutto è facilissimo, ma fare operazioni mirate è una altra cosa».
«Il rischio è una variabile che dipende dal numero dei casi e da come sono distribuiti, la capacità di reazione può essere anche differente da Regione a Regione ma la variabile più importante è che ci siano i casi. Se non ci fossero, non ci sarebbe il rischio per nessuno. È evidente che questo è il fattore più importante e su questo non abbiamo una totale visibilità. Aggiungo – ha concluso il virologo padovano - che questa riapertura totale dà una senso di insicurezza. Gli effetti li vedremo tra 2-3 settimane. La nostra capacità di reazione finora non è stata minimamente testata, per questo era meglio aprire per regione per regione». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino