Gli albergatori: «Positività Covid a carico nostro? Norma assurda»

TERME Gli albergatori chiedono la modifica del decreto "Cura Italia"
ABANO - Nessuna spada di Damocle sul capo degli albergatori impegnati nella difficile ripartenza della fase 2. Dopo una stagione già compromessa, con flussi di turisti...

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ABANO - Nessuna spada di Damocle sul capo degli albergatori impegnati nella difficile ripartenza della fase 2. Dopo una stagione già compromessa, con flussi di turisti azzerati, il presidente di Federalberghi, Emanuele Boaretto, sfida le istituzioni sulla norma del decreto Cura Italia che riconosce la fattispecie di infortunio sul lavoro nel caso in cui il contagio da Covid venga contratto dal dipendente nel corso dell'attività. Federalberghi ne chiede a gran voce la cancellazione, considerandola un'altra fonte di rischio e di incertezza per le imprese.


«Una norma assurda e rischiosa ha sottolineato Boaretto che sta raccogliendo il malcontento dell'intera categoria imprenditoriale. Davvero assurdo che in un contesto di accesso pubblico come quello degli alberghi, frequentati da clientela eterogenea, spetti al datore di lavoro, pure impegnato a mettere in atto a proprie spese ogni forma di prevenzione e di sicurezza, assumersi il rischio e le conseguenze civili e penali del possibile contagio contratto dal lavoratore».
La conseguenza che vedrebbe ricadere sull'azienda anche la quota parte del premio dovuto all'Inail per il periodo di malattia, irrita ancora di più il rappresentante degli imprenditori termali, che parla senza mezzi termini di onere ingiusto a carico degli hotel. Il presidente Boaretto declina dunque per l'intero settore alberghiero una preoccupazione che in ambito più generale era stata manifestata pochi giorni dal presidente della Regione, Luca Zaia. Ma sull'aspetto delle possibili conseguente civili e penali particolarmente temute dal vertice di Federalberghi in caso di contagio sul luogo di lavoro, l'Inail è stata piuttosto rassicurante. Precisando che le responsabilità, lungi dall'essere immediate, dovrebbero essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro.

I SINDACATI
Per i sindacati la questione è più pretestuosa che sostanziale. «Tocca in ogni caso all'Inail e non al datore di lavoro - replica Marco Bodon, segretario provinciale di Fisascat Cisl stabilire se l'origine del contagio sia connessa all'attività lavorativa. Ed in tal senso nulla cambia rispetto a quanto avvenuto sinora. La prima responsabilità del datore di lavoro resta quella della prevenzione di ogni tipo di rischio. E questo ha la stessa valenza per gli alberghi come per qualsiasi altro ambiente di lavoro. Questo il motivo per il quale la norma deve essere confermata, davanti ad una preoccupazione dei datori di lavoro che è più di forma che di sostanza».


Non c'è dubbio tuttavia, secondo gli imprenditori termali, che la peculiarità del lavoro in albergo renda l'attività degli addetti più esposta a rischi rispetto ad altre categorie. E che la delicata fase della riapertura costituisce certamente il periodo meno indicato per esporre gli imprenditori turistici a questo tipo di insidie. «Non vorrei ribadisce ancora Bodon che la preoccupazione fosse più quella di dover assumere l'onere economico del pagamento in quota parte degli oneri Inail. Agli imprenditori in tutta questa fase di emergenza legata alla pandemia, gli unici aspetti che sono sfuggiti sono stati proprio quelli legati alle condizioni di lavoro del personale meno garantito e soprattutto del forte stato di precarietà occupazionale che ha portato allo stremo la categoria». Per gli imprenditori, invece, nulla si sta trascurando sul fronte della sicurezza del personale. «Paradossale taglia corto Emanuele Boaretto che il nostro protocollo per la sicurezza sia stato chiesto niente meno che dalle istituzioni spagnole che l'hanno poi applicato nel giro di qualche giorno. Mentre in Italia resti ancora bloccato dopo mesi nei meandri della burocrazia».
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Il Gazzettino