PORDENONE - «Giosuè Ruotolo ci ha avvicinato dopo l’omicidio, in albergo. Ci ha detto che aveva fatto un prestito a mio figlio; gli ho chiesto di quanto si trattava e mi ha...
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Una frase, quella che avrebbe detto il commilitone del militare ucciso a colpi di pistola nel parcheggio del palasport di Pordenone, che ha fatto gelare il sangue a molte persone e sulla cui veridicità interviene, definendole assurdità, l’avvocato Roberto Rigoni Stern, che difende Giosuè, unico indagato per il duplice omicidio: «Occorre prestare molta attenzione alle dichiarazioni fornite in questo delicato momento delle indagini, in quanto potrebbero essere oggetto di profili penali di responsabilità. Escono dichiarazioni inverosimili oggetto di possibili denunce e querele».
Una fase delicata delle indagini, il che significa che ogni frase detta e riportata soprattutto dai media viene analizzata minuziosamente. Ora occhi puntati soprattutto sulla traccia trovata nell’allacciamento della cintura di sicurezza che potrebbe essere decisiva, in ogni direzione la si valuti. E in mezzo a luminol, sms, telefonini e tempistiche resta ancora avvolto nel mistero il vero movente.
Il Gazzettino