Condannato a quattro anni per aver stuprato una 19enne: «E' innocente»

Sentenza ribaltata in Appello per un 52enne congolese residente a Belluno

Condannato a quattro anni per aver stuprato una 19enne: «E' innocente»
BELLUNO - Era stato condannato a 4 anni di reclusione in primo grado “graziato” da una pena più alta perché gli erano state concesse le attenuanti...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

BELLUNO - Era stato condannato a 4 anni di reclusione in primo grado “graziato” da una pena più alta perché gli erano state concesse le attenuanti generiche. Ma era troppo lieve, secondo la Procura. L’uomo doveva rispondere di violenza sessuale ad una migrante che all’epoca aveva 19 anni appena arrivata dal Togo alla quale aveva dato ospitalità. Così il procuratore generale di Venezia aveva impugnato la sentenza ricorrendo in Cassazione chiedendo un aumento della pena. Alla fine quella sentenza è stata capovolta: l'imputato, un 52enne congolese operaio da anni residente in città, difeso dall’avvocato Antonio Prade, è stato assolto. «Il fatto non sussiste», dice la Sezione III penale della Corte di Appello di Venezia. 

I FATTI
La vicenda risale al periodo febbraio-aprile 2017 e sono avvenuti in una casa in città. Giorni di inferno, stando al racconto della giovane. Diversi gli episodi contestati nell’accusa. La prima violenza si sarebbe consumata mentre era in bagno. Lui l’avrebbe raggiunta alle spalle e le avrebbe messo le mani sui seni, palpeggiandola. Il peggio sarebbe arrivato però qualche giorno dopo, quando la ragazza era in camera da letto: lui sarebbe entrato dicendole che la desidera, ma al rifiuto di lei, l’avrebbe afferrata per un braccio trascinandola nel letto, sfilandole calze e slip e costringendola a subire un rapporto sessuale completo, senza alcuna protezione. Per meglio dominarla, l’avrebbe minacciata più volte di rispedirla in Africa. L’avrebbe costretta così a subire altri rapporti e a praticargli del sesso orale, anche 3-4 volte la settimana. La giovane avrebbe sopportato per paura di restare senza un tetto. Le richieste del congolese si sarebbero spinte anche oltre. Alla fine lei si decide a denunciare.

PRIMO GRADO
Il processo avviato in tribunale a Belluno nel 2018 si conclude a inizio 2020 con la sentenza di condanna pronunciata dal collegio di giudici presieduti da Antonella Coniglio. Il racconto della ragazza, assistita dall’avvocato Cristiana Riccitiello, è stato considerato veritiero, come anche le diverse testimonianze sentite in aula. Oltre ai 4 anni inflitti all’uomo (per con le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante) era stato disposto il risarcimento del danno alla parte civile quantificato in 15mila euro.

PROCESSO BIS
L’imputato, però, si è sempre professato innocente e ha sempre detto che quei rapporti sessuali non c’erano mai stati. Anzi: lui si era proposto, ma poi si era subito tirato indietro. Gli avvocati dello studio Antonio Prade hanno impugnato la condanna con una serie di motivi. Si è partiti dalla denuncia penale presentata in modo tardivo rispetto ai fatti e ricordato che la donna non era mai andata al pronto soccorso e nemmeno non si era mai rivolta ad un medico. Mai si era confidata su quelle presunte violenze con amiche, ma nemmeno aveva avvertito chi frequentava quotidianamente sul luogo di lavoro, non facendone parola neanche con il proprietario della casa dove sarebbero avvenute le violenze. Un reato contestato con l’aggravante proprio perché commesso con «l’abuso di relazioni di ospitalità». Le difese hanno puntato anche sul fatto che la donna avrebbe continuato a restare in quella casa dove si sarebbero consumati quegli orrori a suo carico. «Ostinatamente non intende lasciare l’alloggio ove continua a essere abusata... Non è incongruente tutto questo?», si sono domandati i difensori dell’imputato nell’arringa, concludendo con la richiesta di assoluzione. 

LA CONCLUSIONE


Mercoledì in Corte d’Appello la sentenza di assoluzione. Le motivazioni si conosceranno tra 90 giorni. Si può solo ipotizzare che abbiano accolto la tesi difensiva ovvero che quei rapporti sessuali non ci siano mai stati. 
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino