Commise reati quando aveva 15 anni: "condannato" a fare il Cammino di Santiago

Commise reati quando aveva 15 anni: "condannato" a fare il Cammino di Santiago
Ha commesso reati quando aveva 15 anni, ma il conto da pagare con la giustizia è arrivato quando di anni ne ha ormai 22. Una lunghezza della pena che ha tenuto bloccata,...

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Ha commesso reati quando aveva 15 anni, ma il conto da pagare con la giustizia è arrivato quando di anni ne ha ormai 22. Una lunghezza della pena che ha tenuto bloccata, come in una bolla, la vita di un giovane di origini nordafricane, ma nato e cresciuto a Padova. Una espiazione che alla fine è stata tramutata in una messa alla prova. Il primo caso in Italia in cui si chiede ad un giovane di scontare la pena camminando: un pellegrinaggio lungo 1.500 chilometri che dal Veneto lo ha portato fino a Santiago di Compostela. A cucire sulla sua pelle il progetto di  recupero è stata l'associazione Lunghi cammini, presieduta da Isabella Zuliani e con sede a Mestre, con l'Ufficio servizio sociali per minori. La lunga camminata iniziata il 3 aprile si è conclusa il 26 giugno scorso. Due mesi e mezzo di marcia accompagnato da una guida che ha più del triplo dei suoi anni. Dopo un'attenta selezione Lunghi cammini ha infatti individuato in Fabrizio Preo, 68 anni di Mestre, l'uomo giusto per spingere il giovane a portare a termine la sua impresa. Pensionato delle ferrovie, un paio di anni di lavoro in una comunità per minori stranieri non accompagnati, volontario da anni nel Comitato di via Piave, Preo il cammino di Santiago lo aveva già fatto in passato.

Perché ha accettato?
«Ero dubbioso e incerto, non pensavo di avere il profilo giusto. Poi ho passato la selezione fatta dall'associazione in cui si chiedevano il curriculum e una lettera motivazionale. Mi sono preso qualche giorno di tempo e alla fine ho accettato. Ammetto che ero preoccupato».
Temeva di non farcela?
«Qualche acciacco in partenza ce l'avevo, ma quando ho iniziato a camminare è magicamente scomparso tutto. Ero preoccupato perché dovevo confrontarmi con un giovane trasgressivo, ferito e anche molto furbo».
Ci sono stati momenti difficili?
«Certo, è stato un braccio di ferro durissimo. È un ragazzo che ha subito molte discriminazioni, anche a scuola dai coetanei, e che ha sviluppato un antagonismo contro le nostre istituzioni».
Cosa vuol dire?
«Una certa esclusione lo ha spinto ad emergere come bullo e vandalo. È un bel giovane, ha anche un discreto successo con le ragazze. Però frequenta compagnie sbagliate convinto di essere segnato e senza alcuna possibilità di riscatto».
Invece?
«Ho dovuto lavorare sulla sua autostima, non è stato semplice. Trovo che sia una ragazzo con moltissime qualità: conosce cinque lingue ed ha una capacità relazionale immensa».
Anche durante il pellegrinaggio?
«Riusciva ad entrare in dialogo con tutti i pellegrini che abbiamo incontrato nel nostro viaggio, individuava quelli che potevano essere degli esempi positivi e quelli che non gli piacevano. A tutti chiedeva numeri di telefono e contatti perché intuiva che gli sarebbero potuti servire in futuro».
Che giro avete fatto?
«Abbiamo percorso i primi mille chilometri sulla via della Plata fino ad Astorga, poi siamo passati alla via Sanabrese e siamo arrivati fino a Finisterre, considerata la fine del mondo, una magnifica meta sull'oceano. Abbiamo quindi fatto da Siviglia a Santiago e infine a Leòn».
Faticoso?
«Per me sì, avevo le piaghe ai piedi e ho perso 8 chili. Facevamo dai 20 ai 40 chilometri al giorno. E poi pioveva tantissimo quindi camminavamo nel fango, con lo zaino e con la mantellina sopra. Per il ragazzo la fatica non era camminare, ma il rispetto delle regole».
Quali regole doveva rispettare?
«Niente alcol, niente droga, niente cellulare, niente musica, alzatacce alla mattina, fare il letto, tenere ordine nei luoghi dove venivamo ospitati. Negli ostelli andavamo a letto alle 22 e ci alzavamo alle 6».
Un momento difficile?
«Un giorno, eravamo in una cittadina, gli ho dato i soldi per una Coca-Cola. È andato al bar e ci è rimasto sei ore. Quando è tornato ero furioso e gli detto di tornarsene a casa con una rabbia e con parole che non avrei dovuto usare. Lui non ha detto nulla».
Sapeva rispettare le regole?
«Faceva fatica, ma ha imparato. Mi ha sempre rispettato e alla fine mi ha chiesto scusa».
Vi presentavate come nonno e nipote.
«I pellegrini ci guardavano incuriositi. Però lui, non appena raggiungeva un po' di confidenza, raccontava la verità. Forse sperava di stupirli, ma ha trovato persone in gamba».
Un esempio?
«Gli piaceva tanto un giovane di Bolzano, con un problema alla gamba. Zoppicava vistosamente, ma proseguiva ugualmente nel suo cammino».
Quanto avete speso?
«Avevo un budget di 42 euro al giorno e l'ho sempre rispettato. Un posto letto negli ostelli costa dagli 8 ai 15 euro e poi lungo il percorso è possibile, con 10 euro, consumare il menù del pellegrino».
Di cosa parlava con questo ragazzo?
«Non è stato semplice perché abbiamo interessi tanto diversi. Alla fine giocavamo prendendo in giro bonariamente gli altri pellegrini e dandogli i soprannomi ripresi dal cartone animato Robin Hood: quindi c'erano Lady Cocca, Serbis, i due avvoltoi...».
È riuscito a stupirlo?
«Lo stupiva la gratuità del volontariato, il fatto che si potesse fare qualcosa senza secondo fine. Per lui non era concepibile. Mi diceva: Fabrizio, tu sei patrimonio dell'umanità».
E il paesaggio gli piaceva?
«Mi ha detto: Quando ero a posto non ho mai visto tante cose belle, sono dovuto diventare un delinquente per poterle scoprire».
Ce la farà questo ragazzo a tornare sulla retta via?

«Può farcela, ha così tante potenzialità... spero abbia capito che nulla è finito per sempre e c'è sempre il modo per recuperare». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino