Mercato dei crediti, indagati cinque polesani eccellenti

Un'auto della finanza
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ROVIGO - Un'inchiesta enorme della Guardia di Finanza di Napoli, iniziata nel 2018 e culminata il 13 maggio con l'esecuzione di misure cautelari nei confronti di sei dei circa cento indagati totali, nelle cui pieghe sono finiti, incidentalmente, con posizioni da definire trattandosi ancora di fasi preliminari e paradossalmente, con posizioni di danneggiati e indagati, anche cinque polesani: i tre commercialisti Giovanni Tibaldo, 52 anni, di Rovigo, che è anche componente del collegio sindacale di Asm Set, ed Enrico Bucatari, 59 anni, anche lui di Rovigo, già nel collegio sindacale, fra le altre, di Asm, Consorzio Rsu, Polacque e Bellelli Engineering, e Antonio Schiro, 51 anni, di Badia, che fra i tanti ruoli ricoperti ha fatto parte del consigio di amministrazione della Federazione veneta delle Bcc, della Bcc Adige Po e della Bellelli Engineering; lo stesso Antonio Monesi, imprenditore, ex presidente della Bellelli Engineering, fallita nel 2018, e della Beng Volley; e Fabrizio Pavan, 58 anni, ex vicesindaco di Lendinara.


LA VICENDA
Che ci sia molto da chiarire lo attesta il fatto che Schiro nel 2019 aveva denunciato proprio le persone finite al centro dell'inchiesta della Finanza, perché aveva acquistato da loro una quota consistente di crediti Iva, in vista di un loro successivo utilizzo in compensazione, poi risultati inutilizzabili, dovendo pagare quindi la somma che pensava di poter detrarre. In pratica, ha speso poco meno del doppio pensando di risparmiare circa il 20%, denunciando tutto e ritrovandosi poi indagato. E oggetto, come tutti gli indagati, di sequestri preventivi, per far scattare i quali non servono prove, ma solo prime ipotesi, perché lo scopo è congelare tutto in attesa di chiarire.
Tutto ruota attorno al pratica della cessione dei crediti tributari, prevista, lecita e molto diffusa fino al 2017, quando una circolare dell'Agenzia delle Entrate ha posto dei paletti. Sostanzialmente in alcuni casi poteva risultare conveniente, a chi avesse bisogno di liquidità, monetizzare crediti futuri, cedendoli a un prezzo ribassato ad altri soggetti che non avendo problemi con il fattore tempo, potevano utilizzarli in detrazione. Per la cessione di questi crediti era necessario, oltre a un atto notarile, anche il visto pesante di conformità da parte di un commercialista che attestasse la conformità alle scritture contabili e delle dichiarazioni dei redditi. Secondo quanto emerso dalle indagini della Finanza, un commercialista e un imprenditore napoletani, con vari precedenti per reati tributari come frodi nella commercializzazione di prodotti petroliferi, con la collaborazione di altri quattro fiscalisti compiacenti avrebbero dato vita a un'associazione per delinquere per un giro di evasione milionario. Prima venivano realizzati falsi crediti Iva con società cartiere, con operazioni fasulle, riportati nelle dichiarazioni e muniti di visto di conformità taroccato. I crediti poi venivano anche ceduti ad altre società, fuori dall'organizzazione. Crediti arrivati, di rimbalzo, anche in Polesine, un blocco risalente al 2015 e utilizzato in compensazione nelle dichiarazioni 2016.


LA DIFESA


Per Tiberto, difeso dall'avvocato Marco Petternella, l'accusa sarebbe di aver compilato i modelli F24 che hanno portato a sgravi per 172mila euro per la Beng di Monesi, sulla base di documenti poi risultati falsificati da altri. Schiro e Bucatari avrebbero fatto lo stesso con 50mila euro di crediti per la Edil Global e per 104mila per la Investimenti Veneta, nella quale era coinvolto anche Pavan. L'avvocato Davide Druda, che assiste Schiro e Bucatari, fa presente che «Schiro ha presentato denuncia tre anni fa in relazione allo stesso credito di imposta dopo averlo riversato, mentre Bucatari si è limitato alla trasmissione del modello F24 necessario alla compensazione, senza entrare nel merito della bontà del credito che era già stato certificato ufficialmente. Abbiamo fiducia nella magistratura e cercheremo di ottenere la revoca del sequestro preventivo ordinato dal giudice di Napoli».
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Il Gazzettino