Dai ghiaioni del Col di Lana spuntano i resti di militi ignoti

La chiesetta del Col di Lana
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LIVINALLONGO
“Col di Lana, la grande rocca forte dove i soldati si copron di gloria”. Così recitava un verso degli anni Venti dedicato al “Col di Sangue” che in questi giorni, come in Marmolada la settimana scorsa, restituito delle ossa umane appartenute a presunti soldati caduti durante il Primo conflitto mondiale. Usiamo tutti i condizionali del caso, considerando che prima sarà necessario che si esprimano gli esperti per dare una appartenenza ufficiale ai resti ritrovati. «Ogni qualvolta un piccolo ruscello si ingrossa o qualche ghiaione si sfalda - afferma il sindaco Fodom Leandro Grones - si verificano ritrovamenti simili che riguardano, più che altro, delle ossa». 

LA ZONA SACRA
È certamente singolare, comunque, che ancora oggi per questo monte, che nel corso della Grande guerra fu teatro di sanguinosi attacchi con la cima spazzata via da una poderosa mina italiana e con migliaia di morti, non sia mai stata avanzata la richiesta di riconoscimento di “zona sacra - monumentale”, tipica per quelle aree sotto la cui terra giacciono i resti di militari morti. Quello del Col di Lana è stato uno dei fronti delle Dolomiti che ha registrato uno dei più alti numeri di morti, proprio per l’esposizione del territorio in cui si combatteva.
I VINCOLI

«Quando si parla di porre ulteriori vincoli al nostro territorio - sottolinea il primo cittadino - ci si rizzano i capelli. Siamo già vincolati in tutto, non si può fare più nulla come se noi fossimo gli artefici dello scempio del nostro territorio e non, piuttosto, i validi custodi che finora hanno conservato e preservato l’ambiente circostante. Sulla richiesta quindi di mettere ulteriori vincoli al nostro territorio è meglio andare con i piedi di piombo perché, sinceramente, non si sa poi dove si va a parare. Questo, in termini generali. Altro aspetto è invece quello di rivendicare che la cima del Col di Lana, e magari quella del monte Sief, possano essere riconosciute zone sacre. Ma tale indicazione dovrebbe riguardare solo le cime o poco più più sotto. Quindi, dal canto mio, nessun problema ad affrontare questa questione ma ponendo subito dei paletti ben definiti; ovvero nulla deve andare a ledere i diritti di usufruire del territorio da parte della nostra gente che, ricordo, proprio a causa della Grande Guerra ha già pagato un alto prezzo trovandosi un territorio smembrato e devastato».
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Il Gazzettino