ADRIA Nel fondo Valnova di Piantamelon, nel fondo Paccagnella di Pontinovi e sul terreno dell’azienda Marchetti Luigi a Villadose «la concentrazione del parametro...
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INTERVENTI MAI ESEGUITI
Nell’ordinanza si dà conto di come per i i terreni dell’azienda agricola La Perla-Venelago siano state avviate le nuove analisi, mentre per gli altri nulla è stato ancora fatto «né dai soggetti individuati come responsabili dei superamenti accertati, tanto meno dai titolari-proprietari degli stessi nonostante il loro interessamento e coinvolgimento nel procedimento amministrativo».
Già il 13 febbraio la Provincia aveva richiesto a Luise e Pagnin, con la comunicazione inviata anche alle aziende interessate, di avviare le procedure propedeutiche alla bonifica, con l’analisi del rischio, entro dieci giorni. Già nel 2018 erano state emesse due analoghe ordinanze nei confronti di Coimpo e Agribiofert, ma sono state disattese, con la conseguente denuncia per inosservanza di Agribiofert, mentre per Coimpo c’è un ricorso pendente al Tar. Con la nuova ordinanza, del 28 luglio, si concedono 30 giorni «per la presentazione del piano di caratterizzazione preliminare all’intervento di bonifica richiesto».
Proprio per l’ipotesi di reato di omessa bonifica oltre che per quella di gestione senza autorizzazione dell’impianto di Ca’ Emo, è in corso un ulteriore processo ai vertici Coimpo, per non aver provveduto alle operazioni di ripristino e recupero dell’impianto, prescritte dalla Provincia nel 2017 e perché le polizze fidejussorie depositate per ottenere l’autorizzazione, effettivamente rilasciata dalla Provincia il 12 dicembre 2013 e revocata solo il 26 settembre 2017, risultavano inesigibili dall’ottobre 2013 per la cancellazione della Fideas Finanziaria di Roma.
I LEGALI
Sulla sentenza del dicembre scorso, le cui motivazioni sono state appena depositate, intervengono gli avvocati della rete Lpteam Matteo Ceruti, Carmelo Marcello e Marco Casellato, che hanno assistito rispettivamente Legambiente e i Comuni di Pettorazza e Adria, costituiti parti civili. «La lettura delle motivazioni conferma quella che sempre è stata la nostra tesi: ossia di una gestione assolutamente irriguardosa della salute dei lavoratori e dei residenti in zona, che aveva come unico fine la massimizzazione del profitto, con milioni di euro risparmiati mettendo a repentaglio la vita di quanti lavoravano o, comunque, si trovavano nei dintorni dell’impianto. Appare confermato il danno patito dal territorio, sui cui campi sono finiti fanghi non trattati nella maniera corretta, verosimilmente con valori di inquinanti fuori scala. Ancora oggi, a sei anni di distanza dalla tragedia, evidentemente connessa a queste irregolarità, leggere alcuni passaggi delle intercettazioni dà i brividi. Come quando i dipendenti si lamentano perché, durante il trattamento dei fanghi con acido, sentivano il viso bruciare, il respiro mancare. Le loro lamentele, però, non furono ascoltate. Neppure dopo quattro morti i vertici delle due società cessarono le condotte irregolari».
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Il Gazzettino