Clandestini, allarme sulla rotta balcanica: migranti fuori controllo

Rotta balcanica, immigrazione senza controllo al confine
FRIULI  - I termini utilizzati sono forti. Le parole scelte sono «porta dell’inferno» oppure «incontrollato flusso di persone», «perenne...

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FRIULI  - I termini utilizzati sono forti. Le parole scelte sono «porta dell’inferno» oppure «incontrollato flusso di persone», «perenne emergenza». La firma è quella del segretario regionale del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia) Fabrizio Maniago. Il focus, interamente dedicato alla rotta balcanica. E al Friuli Venezia Giulia. Per una volta non una fotografia dal taglio politico, ma la visione di chi i flussi migratori deve controllarli davvero, con pattuglie e posti di blocco. Ne esce una denuncia cruda, che fa capire come l’emergenza profughi nella nostra regione non solo non sia stata vinta, ma nemmeno affrontata con la giusta concentrazione. Di forze, uomini e mezzi. 


 

L’ATTACCO
«In questa dimenticata provincia del nordest - recita la nota - siamo passati negli ultimi dieci-quindici anni da 120 richiedenti asilo l’anno ad oltre 6mila, mentre la dotazione di personale, le strutture, la logistica, l’organizzazione generale non hanno visto incrementi di sorta.I bivacchi a cielo aperto non solo sono forieri di possibili epidemie afferenti il profilo sanitario, ma possono essere la scaturigine di gravi turbamenti dell’ordine pubblico». I riferimenti corrono al Cpr di Gradisca d’Isonzo, alla Cavarzerani di Udine, all’accoglienza all’aperto di Trieste. Solo Pordenone per ora può vantare una rete di strutture in grado di reggere. Ma solo perché i numeri nel Friuli Occidentale sono irrisori. «Le strutture sono al collasso - prosegue il sindacato di polizia -, le persone sono per strada perché non ci sono posti disponibili nel circuito dell’accoglienza. La mole di disperati che arriva, bivacca ovunque in condizioni da paese del terzo mondo. Il carso è una latrina a cielo aperto, indumenti ovunque, sporcizia, plastica, bottiglie, carta, deiezioni». 
 

LA PROTESTA
Poi si passa al vero nodo dell’emergenza. I vari ministri dell’Interno hanno sempre rimarcato a parole quanto fosse urgente arginare i flussi migratori diretti verso il Friuli Venezia Giulia. Ma nessuno, concretamente, ha messo mano al capitolo chiave: l’aumento delle forze in campo a tutela dei confini. «Non è questo il modo corretto di affrontare un problema di cui si avevano ampi segnali con sommo anticipo - tuona Maniago -. Non è nemmeno possibile scaricare sulla polizia e sui colleghi questo fenomeno epocale la cui gestione non può ricadere su un gruppo ristretto di operatori di buona volontà. La pezza che stiamo mettendo ogni giorno buttando il cuore oltre l’ostacolo da oltre quindici anni non regge più ed i segnali sono sempre più evidenti a tutti gli operatori di settore». 
 

I CORRETTIVI


Il sindacato di polizia chiede soluzioni «che vadano fuori dalla logica del politicamente corretto». Si parla apertamente di respingimenti, ad esempio. «Ponti d’oro a chi fugge dalla guerra, a chi scappa dalle persecuzioni, a chi rischia la vita per ciò che è o rappresenta, ma porte girevoli per chi crede che l’Italia sia il bengodi del crimine». Quindi l’appello finale: «Non si esce da questa situazione da soli, non si esce con slogan di pancia, non si esce senza la sinergia di tutti gli attori istituzionali nazionali e sovranazionali. Si devono cambiare le leggi, snellire i procedimenti amministrativi, rendere effettive le decisioni. Tutto ciò va fatto implementando gli organici delle forze di polizia, delle commissioni territoriali amministrative che vagliano le istanze di protezione internazionale, dei giudici deputati ai ricorsi giurisdizionali». 

 

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Il Gazzettino