COLLI EUGANEI Crolla il numero dei cinghiali abbattuti sui Colli Euganei e dalle associazioni agricole di categoria si alza un grido di allarme. Bisogna riattivare al più...
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I NUMERI Ad aprile i capi abbattuti si sono fermati a quota 23, la stessa cifra di marzo nonché una delle più basse degli ultimi tre anni. Bisogna riavvolgere il nastro a febbraio del 2017 per trovare numeri inferiori: soltanto 17 abbattimenti, compensati poi dalle cifre dei mesi successivi. Cosa che invece non è accaduta negli ultimi due mesi, a causa delle restrizioni imposte dall'emergenza sanitaria in atto. Da gennaio quindi i cinghiali eradicati sono soltanto 135. L'anno scorso, nello stesso periodo gli abbattimenti erano stati 363: tre volte tanto. La colpa di questo calo drastico è delle restrizioni imposte dal Covid-19, che costringono i selecontrollori a utilizzare soltanto i chiusini piazzati all'interno del Parco. Ma ovviamente le trappole non bastano ad assicurare un'adeguata azione di controllo della specie. Senza più cacciatori sulle loro tracce e attenti a non finire dentro alle gabbie, gli ungulati proliferano e colonizzano nuovi territori soprattutto in pianura, devastando le coltivazioni.
IL BRANCO Una zona particolarmente esposta alle loro scorribande è quella delle Vallette, tra Este e Ospedaletto, dove la competenza è della polizia provinciale, essendo fuori dal perimetro del Parco. Qui da ormai qualche anno si è insediato un branco di decine di capi. «Siamo esasperati, seminiamo il mais e nel giro di una settimana le file sono già devastate - si lamenta Giuliano Bonfante, presidente del settore seminativi di Confagricoltura Padova, che nella sua azienda di Ospedaletto ha già riseminato il mais per la terza volta - . Abbiamo provato diversi sistemi per difenderci, come le sementi repellenti, ma non serve a nulla. La mia azienda è a 300 metri dall'area delle Vallette e i cinghiali sono di casa, tanto che non hanno nemmeno paura del trattore. Riseminare costa 300 euro a ettaro. Senza poi contare il ritardo nello sviluppo delle colture e la difficoltà di eseguire le lavorazioni sul mais seminato in diversi momenti. Io sono già propenso a eliminarlo l'anno prossimo e altri faranno come me». L'attività dei selecontrollori deve riprendere al più presto e per rafforzarne l'azione, l'associazione di categoria propone di coinvolgere gli agricoltori, come avviene in Emilia Romagna, dove la caccia al cinghiale è stata riaperta il 4 maggio. Per questo Confagricoltura Padova lancerà una campagna di sensibilizzazione rivolta a tutti i soci agricoltori-cacciatori della provincia invitandoli a partecipare ai corsi di abilitazione per diventare selecontrollore.
I DANNI «Tra Este e Ospedaletto l'esasperazione per i danni subìti è talmente alta racconta il presidente Michele Barbetta che alcuni agricoltori sono intenzionati a prendere la licenza di caccia per poi partecipare ai corsi di selecontrollore».
Il Gazzettino