Quinto, morta nello schianto durante una lite: «Vogliamo la verità»

Christian Barzan e Giuseppina Lo Brutto
QUINTO - «Restiamo in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza per capire, finalmente, quali siano state le cause che hanno indotto Christian Barzan, che correva in...

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QUINTO - «Restiamo in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza per capire, finalmente, quali siano state le cause che hanno indotto Christian Barzan, che correva in maniera sconsiderata in un centro abitato, a scontrarsi con l'auto di Giuseppina Lo Brutto, uccidendola. Dopo due anni dall'incidente mortale, abbiamo il diritto di sapere quale sia stata la causa della repentina e violenta sterzata che ha provocato il mortale incidente e ci aspettiamo che il giudice, con le motivazioni della sentenza emessa, chiarisca cosa è realmente avvenuto nell'auto l'istante prima dello scontro».

Sono queste le parole della famiglia della vittima, rilasciate per bocca dell'avvocato, Laura Mattucci, a tre giorni dalla sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Treviso che ha condannato Barzan in rito abbreviato a tre anni e tre mesi per omicidio stradale. Sono state, invece, fatte cadere le accuse mosse dalla procura contro il giovane per omicidio volontario e duplice tentato omicidio volontario. Assolto anche dall'accusa di violenza sessuale e stalking nei confronti dell'ex fidanzata, in macchina con lei la sera della morte di Giuseppina Lo Brutto, 62 anni. Il dolore, composto, si legge tra le poche righe dove si ribadisce: «Risultano altresì incomprensibili le reiterate dichiarazioni di soddisfazione della famiglia Barzan, che dimostra di non avere piena contezza dell'omicidio compiuto; due anni di sofferenza della famiglia Barzan, non sono nulla a confronto della sofferenza patita da noi per la morte di Giuseppina Lo Brutto». Una dichiarazione che arriva dopo quella rilasciata dal papà di Giorgia, l'ex morosa che aveva accusato Barzan di essersi lanciato volontariamente contro l'auto dove viaggiava la Lo Brutto.


IL PROCESSO

«I familiari della vittima hanno sempre partecipato con grande compostezza al processo, hanno ascoltato il dispositivo e ora attendono le motivazioni. Nessuno vuole trasferire l'aula del tribunale sulle pagine dei giornali. Ma vogliamo sapere cosa è successo» sottolinea l'avvocato. La notte del 7 giugno 2019, a Povegliano, Barzan sterzò scontrandosi con la Toyota Yaris dove si trovava Giuseppina Lo Brutto che rimase uccisa e il marito Flavio Cagnato, che invece si salvò. L'avvocato Mattucci riporta anche un altro pensiero: «La dinamica dell'incidente è stata affrontata nel corso del processo, ma non si è capito esattamente cosa sia successo. I familiari attendono di sapere secondo il giudice, quello che è accaduto».

IL RICORSO

La Procura, in attesa di leggere le motivazioni della sentenza, sta già pensando a presentare ricorso contro il giudizio di primo grado. «Una volta lette le carte - ha precisato il procuratore capo facente funzioni Massimo De Bortoli, che mercoledì ha sostituito il pm Daniela Brunetti -, potremmo valutare con precisione se fare o meno un ricorso alla Corte d'Appello. Però posso dire che, secondo le valutazioni della Procura, quella sera il comportamento di Barzan era ispirato al dolo». Tanti insomma, per gli inquirenti, i punti interrogativi rimasti senza risposta. Per Barzan, al contrario, mercoledì è stato il giorno di un viaggio difficile e costellato di accuse gravissime: «Mi hanno descritto come un mostro, dicendo falsità e bugie, ma io ho sempre saputo che non era vero».
 

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Il Gazzettino