Ultimatum Unesco: «Il deposito Gpl di Chioggia va subito rimosso»

Ultimatum Unesco: «Il deposito Gpl va subito rimosso»
CHIOGGIA (VENEZIA) - «Smantellate il deposito Gpl di Chioggia e trasferitelo da qualche altra parte». Lo scrive l'Unesco, nel suo ultimo rapporto sullo stato...

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CHIOGGIA (VENEZIA) - «Smantellate il deposito Gpl di Chioggia e trasferitelo da qualche altra parte». Lo scrive l'Unesco, nel suo ultimo rapporto sullo stato di conservazione dei beni iscritti nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità (tra i quali rientra, appunto, la città di Chioggia, ma vi si parla anche della Grandi navi a Venezia), e il presidente del Comitato No-Gpl, Mario Gianni, commenta: «Siamo soddisfatti che l'autorevole organizzazione internazionale esprima una posizione in linea con quanto noi abbiamo sempre sostenuto».


DECRETO ATTUATIVO
Una posizione che, a questo punto, è anche di stimolo al Governo, perché completi il percorso previsto dalla legge 126 del 2020 ed emani quel decreto attuativo che, indennizzando la Costa Bioenergie, costruttrice dell'impianto, dovrebbe mettere fine alla vicenda. I rapporti tra Unesco e Comitato No-Gpl risalgono al 2017, quando una delegazione del Comitato si recò all'Ufficio Unesco al Ministero dei Beni Culturali per illustrare quanto stava accadendo a Chioggia con la costruzione del deposito. «I funzionari Unesco racconta Gianni restarono sbalorditi che si fosse potuto autorizzare un simile impianto a così poca distanza da case, scuole, attrezzature civili, ecc. E lo furono ancor di più quando gli spiegammo che il progetto non era stato sottoposto a Via, nonostante la Capitaneria di Porto avesse espresso il parere della necessità di una modifica del Piano regolatore portuale per poter consentire il traffico delle navi gasiere». Alcuni mesi dopo, la delegazione Unesco che era venuta a Chioggia, a visitare il sito del deposito, confermò tutte le perplessità già riscontrate sulla carta durante l'incontro al Mibact. Fu da questi precedenti che nacquero le norme di legge (inserite nella finanziaria 2020 e sostenute in maniera bipartisan dai partiti) che vietano, nei siti Unesco, la costruzione di depositi gpl e la loro entrata in funzione, nel caso siano già costruiti, ma non ancora autorizzati (esattamente il caso di Chioggia). Nel suo rapporto, presentato pochi giorni fa al ministro Giovannini, l'Unesco esprime «soddisfazione» per le misure legali adottate dall'Italia ma, appunto, invita a concludere. La legge 126, infatti, prevede che il Ministero dello Sviluppo economico, emani un decreto per stabilire le modalità di indennizzo alle ditte che, eventualmente, non potessero far entrare in funzione gli impianti gpl in questione e stanzia, allo scopo, 29 milioni in tre anni. È chiaro, quindi, che, per chiudere la vicenda, serve il decreto e che finché manca questo provvedimento, Chioggia resterà sempre in mezzo al guado, con un deposito costruito e pronto ad entrare in funzione appena cambiasse il vento politico.


ULTIMATUM AL GOVERNO


E non a caso l'Unesco, nel rapporto appena reso pubblico, invita il Governo a sbrigarsi, anche perché (se pure l'Unesco non lo dice) si è accumulato un anno di ritardo. Un invito informale, quello dell'agenzia della Nazioni unite, che si aggiunge, però, alla più formale sentenza del Tar che, su ricorso della Costa Bioenergie, ancora ad aprile, assegnava al Mise 30 giorni di tempo per emanare il decreto. Di recente, per la verità, è stato annunciato il prossimo insediamento della commissione di esperti che dovrà stabilire i parametri, economici e temporali, del decreto. A quel punto sarà finita? Forse no, perché la Costa Bioenergie, e la controllante Socogas, hanno già annunciato l'intenzione di ricorrere contro le norme, ritenute lesive della libertà d'impresa, in tutte le sedi italiane ed europee, ma aspettano, a quanto si capisce, di vedere scritto, nero su bianco, il decreto del Mise. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino