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VENEZIA - «La Diocesi? Con buona probabilità dovrà arrivare ad una riduzione del numero delle parrocchie, attualmente 38». Complice il problema del graduale spopolamento della città, con una quota di residenti ormai sotto la soglia delle 50mila unità, l’architetto don Gianmatteo Caputo, delegato patriarcale per i beni culturali ecclesiastici, ieri mattina ha sottolineato come a Venezia sia già partito e continuerà ad essere portato avanti un processo volto all’unificazione di più realtà parrocchiali locali. Una mossa inevitabile anche alla luce della crisi delle vocazioni degli ultimi anni, che già da qualche tempo ha spinto il patriarca Francesco Moraglia ad avviare per il centro storico un ragionamento di questo tipo, attraverso un progetto basato su unità pastorali piuttosto ampie. «La Diocesi sta attivando una riflessione precisa in termini di riorganizzazione del servizio pastorale – ha aggiunto don Caputo durante il 52. meeting dei Comitati privati internazionali per la Salvaguardia di Venezia –. D’altronde rispetto a 50 anni fa registriamo un terzo dei residenti di allora».
DESTINO
Il numero delle 38 parrocchie ad oggi ancora esistenti potrebbe dunque calare, «ma gli edifici di culto resteranno comunque un centinaio in città. E in un contesto in cui ogni parrocchia conta un certo numero di abitanti, i cui frequentanti rappresentano meno del 20%, come far fronte ad una determinata quantità di chiese da custodire e tutelare, nel momento in cui il numero delle realtà parrocchiali si riduce? Si dovrà fare una inevitabile valutazione sulle chiese, che non saranno più utilizzate come parrocchie ma che avranno la necessità di essere custodite e tenute aperte anche senza comunità di riferimento. Un patrimonio invisibile che non fa che degradarsi gradualmente». Ecco allora che se una parrocchia difficilmente riuscirà a farsi carico di un determinato numero di chiese, «ci sarà ulteriore bisogno – ha proseguito don Caputo – non solo che la Diocesi si occupi della cura di alcuni luoghi, ma anche che venga messa in campo una condivisione con soggetti differenti». E qui entrano in gioco proprio i Comitati internazionali privati, animati da un amore per Venezia testimoniato attraverso le ingenti donazioni effettuate per il restauro del suo inestimabile patrimonio culturale. «Chiedo ai Comitati di pensare alla possibilità di non intervenire soltanto verso ciò che si conosce già, ma soprattutto nei confronti di quello che non si conosce e che potrebbe essere riscoperto.
Il Gazzettino