Chiara Isotton, soprano bellunese al Metropolitan di New York: «Era il mio sogno»

Chiara Isotton sul palco del Metropolitan Opera Theatre
BELLUNO - Tre mesi da incorniciare immersa in un teatro che è oggi la più grande fabbrica dell’opera al mondo. E, poche ore prima della partenza,...

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BELLUNO - Tre mesi da incorniciare immersa in un teatro che è oggi la più grande fabbrica dell’opera al mondo. E, poche ore prima della partenza, l’ultimo regalo: un prestigiosissimo debutto nel ruolo di Fedora, protagonista dell’opera omonima di Umberto Giordano al Metropolitan Opera House di New York in sostituzione del soprano Sonia Yoncheva, con compagni di cast come Piotr Beczala, Rosa Feola, Salvo Vitale diretti dalla bacchetta “magica” di Marco Armiliato. «Sono al settimo cielo - racconta il soprano bellunese dal taxi che la porta in aeroporto per il rientro - mi dicevo che alla fine da ragazzina avevo le VHS dell’Aida del Metropolitan ed oggi mi sono trovata sullo stesso palcoscenico con il teatro sold out con 4000 posti è stato per me un dono immenso». 

ANNO D’ORO
L’ultimo anno per l’artista lirica bellunese, 38 anni, nata musicalmente alla Miari di Belluno e poi partita per Venezia e la scuola di perfezionamento della Scala di Milano, è stato quello della consacrazione: iniziato con l’inaugurazione della stagione alla Scala nel ruolo della Dama di Lady Macbeth, proseguito con la Tosca al Massimo di Palermo, il debutto come Elisabetta nel Don Carlo a Marsiglia, poi il debutto in Fedora alla Scala ( in mezzo due sostituzioni last minute: Suor Angelica a Verona e Trovatore alla Fenice). 

IL DEBUTTO
Lasciati sul nastro i bagagli e passati i controlli all'aeroporto JFK, Chiara Isotton racconta come è andato questo debutto americano. «Sono arrivata qui con un contratto come cover (il soprano “in panchina” nel caso la titolare del ruolo abbia un’indisposizione) ma loro hanno voluto darmi fiducia, in un debutto importante e rischioso, perché Fedora è la protagonista e canta in pratica sempre. Ma sono stata messa nella condizione ideale per fare del mio meglio: sabato sera in palcoscenico con l’orchestra era la mia prima volta. Dalle prime battute ho capito che la voce correva e quindi non mi sono risparmiata». L’annuncio è arrivato poche ore prima della recita, mentre Chiara stava chiudendo le valigie e la casa per ripartire. Ansia? Tensione? «Questo è stato il bello! Mi sono goduta tutta l’opera: in buca c’era il maestro Armiliato, un grandissimo direttore, per me una stella polare. Avevamo fatto insieme alla Scala lo stesso titolo (e con le stesse modalità: copertura e poi, un debutto), io lo sentivo sempre su di me».

L’ORCHESTRA
Il soprano bellunese intende spendere una parola per l’orchestra. «Devo dirlo, è qualcosa di inenarrabile per colori e sensibilità capisci che amano davvero l’opera. Un risultato così è stato reso possibile da un team di lavoro eccezionale anche il palcoscenico, capitanato dal regista David McVicar». 

IL BATTICUORE


Fare in fretta il passaggio dal camerino alle quinte, sentire l’orchestra, guardare il direttore di palcoscenico e salire in scena è comunque da batticuore anche per l’artista più razionale. «Sì, ma la situazione era serena, mi sentivo circondata da persone amiche, che erano lì per sostenermi e ho detto: bene ci siamo, adesso mi gioco tutto». Il pubblico ha subito saputo farle capire che era dalla sua parte. «Mi sono rinfrancata dopo che il pubblico mi ha applaudito a scena aperta dopo la prima aria, mi sono sentita rassicurata. Poi cantare con un cast così è una cosa che auguro a qualsiasi collega. Devo un grazie particolare a Piotr Beczala, uno dei più grandi tenori al mondo, un collega eccezionale che è stato un supporto unico. Io amo particolarmente questo ruolo perché in un anno ho avuto la possibilità di cantarlo due volte in due dei teatri più famosi del mondo, la Scala e il Met. Torno a casa arricchita e veramente grata e felicemente stupita dell’accoglienza che mi è stata riservata dal pubblico americano». A marzo sarà di nuovo a New York per onorare il suo contratto come cover in Tosca. «Non vedo l’ora. New York è già nel mio cuore».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino