Cgia Mestre: «I piccoli comuni producono il 66% del Pil nazionale»

Cgia Mestre: «I piccoli comuni producono il 66% del Pil nazionale»
MESTRE - Sono i piccoli comuni il motore dell'economia produttiva italiana: lo sostiene un'elaborazione fatta dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

MESTRE - Sono i piccoli comuni il motore dell'economia produttiva italiana: lo sostiene un'elaborazione fatta dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre dall'elaborazione per conto di Asmel, l'Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali. Nelle amministrazioni con meno di 20 mila abitanti, spiega la Cgia in una nota, è ubicato il 41% sia delle imprese italiane sia del totale dei lavoratori dipendenti, esclusi gli occupati nel pubblico impiego. In questa classe si «produce» il 39% del valore aggiunto nazionale. Alzando la soglia, nei comuni sotto i 100 mila abitanti, il Pil prodotto è il 66% del totale, si impiega il 69% degli addetti nelle imprese private e le aziende ubicate sono il 71%. Tranne che in Lazio e in Liguria, la maggior parte della ricchezza nel Paese viene «generata» in questa classe dei Comuni.

In cifre, degli 825,4 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto da tutte le aziende private presenti nel Paese (poco meno della metà del Pil nazionale), 541,7 miliardi sono generati nelle piccole e medie Amministrazioni comunali e 283,6 miliardi in quelle grandi.

I Comuni sotto i 20 mila abitanti prediligono in particolare gli insediamenti manifatturieri, con il 54% delle imprese industriali (514.069), il 56% degli addetti (3.029.993) e il 53% del Pil (182,8 miliardi di euro). Viceversa, il settore dei servizi è concentrato in particolar modo nelle grandi realtà urbane: nelle città con più di 100 mila abitanti, infatti, vi è il 32% delle unità locali di questo settore, il 37% degli addetti e il 44% del valore aggiunto. I piccoli Comuni tuttavia svolgono anche nei servizi un ruolo per nulla marginale, rappresentando il 38% delle imprese (1.388.939 unità), il 33% degli addetti (3.846.275 addetti) e il 28% del valore aggiunto (137,5 miliardi di euro). A livello regionale, solo in Emilia-Romagna, Liguria e Lazio l'incidenza percentuale delle aziende ubicate nei comuni con più di 100 mila abitanti è superiore a quella nelle amministrazioni con meno di 20 mila abitanti. Per Liguria e Lazio, in particolar modo, questo risultato è ascrivibile al «peso» demografico che i comuni di Genova e Roma hanno nei confronti delle proprie regioni. «I comuni a minor dimensione demografica, assieme a quelli di media dimensione - commenta Francesco Pinto, segretario generale Asmel - sono i principali soggetti economico- istituzionali cui la politica, anche ai fini della 'messa a terrà del Pnrr, dovrebbe guardare con maggiore attenzione. Invece il metodo Pnrr privilegia i grandi apparati comunali e concede ai piccoli e medi Comuni di sperare nella lotteria per l'accesso ai finanziamenti».

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino