UDINE - Si scusano per quello che hanno fatto. Si dicono pentiti. Aggiungono che «abbiamo capito di aver fatto una cosa più grande di noi». A parlare con il...
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LE SCUSE
«Non ci siamo tutti perché non siamo riusciti a riunirci, ma chiediamo di poter rinnovare le nostre scuse, che valgono per tutti. Vogliamo dire quanto siamo pentiti per quello che abbiamo fatto. Siamo d'accordo con alcuni commenti usciti sui social: non si può definire una ragazzata quello che abbiamo fatto. Sono temi molto delicati, su cui non si può scherzare. Abbiamo capito di aver fatto una cosa più grande di noi - dice lo studente -. Non ci stiamo scusando per averlo pubblicato sui social, come qualcuno ha detto, ci scusiamo proprio per averlo fatto».
Sulla vicenda è in corso un'indagine: sta indagandoi la Digos di Udine. Le ipotesi di reato sarebbero istigazione a delinquere e incitamento all'odio razziale. «Ne siamo consapevoli», dicono i due ragazzi. «Le nostre scuse valgono per quello che abbiamo detto e per quello che abbiamo fatto. Ci vergogniamo di quello che abbiamo fatto. Non ce la sentiamo di uscire, siamo chiusi in casa che piangiamo su noi stessi. È una cosa sbagliata da dire - si sfoga il diciannovenne - ma è così. Ci siamo accorti troppo tardi di quello che avevamo fatto. Non è una ragazzata. Lo stupro è un tema delicatissimo su cui non si può scherzare». Precisano che «le magliette con la scritta non sono state indossate al Kursaal di Lignano ma quando eravamo solo noi a San Daniele, è successo qualche giorno prima».
LA LETTERA
«Vogliamo rinnovare il pentimento per quanto accaduto - proseguono -. Faremo una lettera ufficiale tutti insieme in cui comunicheremo le nostre scuse». I giovani finiti nell'occhio del ciclone per quello slogan shock, poi, pensano ad «una donazione ad un centro antiviolenza». Ma, aggiungono, «vogliamo lavorare in prima persona, impegnandoci nel sociale, per dare una mano contro la violenza sulle donne, come vogliono i nostri genitori, che ci stanno facendo pentire di quanto abbiamo fatto». Per ora sono in punizione. «Il lockdown per noi continua». E le magliette, giurano, «sono finite nel cestino e lì ci restano. Le hanno eliminate i nostri genitori».
MINACCE
«Con la portata che ha avuto questa vicenda, alcuni di noi - dice lo studente - hanno ricevuto delle minacce, sia sui social, sia di persona. Anche io stesso. Ne parleremo con chi di dovere».
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Il Gazzettino