Entra nel centro islamico per dormire: 30enne picchia i bengalesi e un carabiniere

Entra nel centro islamico per dormire: 30enne picchia i bengalesi e un carabiniere
MESTRE - Voleva passare la notte nella “moschea” di via Piave. Solo che quello all’angolo con via De Amicis è un centro culturale, non una chiesa, e a una...

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MESTRE - Voleva passare la notte nella “moschea” di via Piave. Solo che quello all’angolo con via De Amicis è un centro culturale, non una chiesa, e a una certa ora chiude i battenti. A quel punto l’uomo, un 30enne gambiano, è andato su tutte le furie è si è scagliato contro gli altri fedeli presenti, tutti bengalesi. Una ventina di persone che hanno provato a fermarlo, senza però riuscirci: l’uomo, completamente fuori controllo, ha iniziato a picchiare alla cieca sferrando pugni contro chi provava a portarlo alla ragione. Sul posto sono intervenuti, a quel punto, anche i carabinieri, con due pattuglie della compagnia di Mestre e del nucleo radiomobile. Il gambiano, a quel punto, se l’è presa anche con i militari. Uno dei carabinieri è stato ferito con un pugno all’occhio ed è dovuto andare in ospedale per farsi refertare. Per lui si prevede una prognosi di qualche giorno: le sue condizioni non sembrano gravi. 

Il 30enne africano è stato preso in consegna dai carabinieri in attesa di una valutazione psichiatrica, poi si deciderà se procedere con un arresto o una denuncia per lesioni. «Era molto agitato - racconta Samrat Abdullah, referente della comunità islamica e responsabile del centro di preghiera - non è un frequentatore abituale del centro, ieri era solo il secondo giorno che lo vedevamo qui». A far scattare la scintilla, il fatto che non fosse previsto passare la notte lì. «Abbiamo cercato di spiegargli che il nostro è un luogo di preghiera, non un dormitorio - continua Abdullah - ma non c’è stato nulla da fare. Quando abbiamo provato a farlo uscire si è infuriato e ha cominciato ad aggredire le persone. Più di qualcuno è rimasto contuso da pugni e calci. Poi sono arrivati i carabinieri». 

All’inizio la convivenza del centro di preghiera con il quartiere non era stata così semplice. «All’inizio tanti avevano paura di noi e, invece, abbiamo dimostrato che le nostre attività non portano degrado, anzi ne sono un antidoto - aveva spiegato qualche mese Abdullah -. Ora la nostra associazione conta 220 soci, e solo loro possono entrare anche se chiunque può iscriversi. Il Centro resta aperto al massimo fino alle 22, ma abbiamo anche deciso di utilizzare una App per gli smartphone che avvisa i fedeli se ci sono problemi di un afflusso eccessivo all’interno del centro culturale nei momenti di preghiera, invitandoli così a restare a casa». 
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Il Gazzettino