MESTRE - Voleva passare la notte nella “moschea” di via Piave. Solo che quello all’angolo con via De Amicis è un centro culturale, non una chiesa, e a una...
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Il 30enne africano è stato preso in consegna dai carabinieri in attesa di una valutazione psichiatrica, poi si deciderà se procedere con un arresto o una denuncia per lesioni. «Era molto agitato - racconta Samrat Abdullah, referente della comunità islamica e responsabile del centro di preghiera - non è un frequentatore abituale del centro, ieri era solo il secondo giorno che lo vedevamo qui». A far scattare la scintilla, il fatto che non fosse previsto passare la notte lì. «Abbiamo cercato di spiegargli che il nostro è un luogo di preghiera, non un dormitorio - continua Abdullah - ma non c’è stato nulla da fare. Quando abbiamo provato a farlo uscire si è infuriato e ha cominciato ad aggredire le persone. Più di qualcuno è rimasto contuso da pugni e calci. Poi sono arrivati i carabinieri».
All’inizio la convivenza del centro di preghiera con il quartiere non era stata così semplice. «All’inizio tanti avevano paura di noi e, invece, abbiamo dimostrato che le nostre attività non portano degrado, anzi ne sono un antidoto - aveva spiegato qualche mese Abdullah -. Ora la nostra associazione conta 220 soci, e solo loro possono entrare anche se chiunque può iscriversi. Il Centro resta aperto al massimo fino alle 22, ma abbiamo anche deciso di utilizzare una App per gli smartphone che avvisa i fedeli se ci sono problemi di un afflusso eccessivo all’interno del centro culturale nei momenti di preghiera, invitandoli così a restare a casa».
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Il Gazzettino