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PORDENONE - Liti, querele e tensione alle stelle sono all’ordine del giorno nel centro islamico della Comina, A raccontare una spaccatura sempre più marcata tra quelli che possono essere definiti due mondi per i quali pare impossibile una normale convivenza. Due realtà e due modi differenti di considerare il rito della preghiera, il concetto di integrazione e di condivisione. Ne è l’esempio la “contestazione disciplinare” indirizzata all’imam egiziano Mohamed Hosny, datata giovedì 9 marzo e firmata da Ben Driss (vicepresidente che ora sostituisce il presidente dimissionario del centro islamico), con la quale il capo della preghiera viene sospeso in via cautelare. Un provvedimento destinato a far nascere da subito ricorsi e contestazioni: Driss, in quanto datore di lavoro dell’imam Hosny, può sospenderlo, ma si tratta una decisione subordinata alla decisione del direttivo che, però, risulta scaduto da due anni. Insomma, una camminata su una sottile lastra di ghiaccio. Che certamente non rassenerà un clima sempre più agitato.
LA LETTERA
Nella contestazione disciplinare inviata all’imam, si raccontano alcuni episodi avvenuti all’interno del centro islamico che avrebbero avuto quale protagonista lo stesso Hosny.
GLI ULTIMI ATTRITI
La puntata precedente all’ultima sospensione dell’Imam risale al lunedì scorso, con l’appello alle autorità dei rappresentanti delle comunità di Pordenone di Senegal, Niger, Ghana, Pakistan, Burkina Faso, Benin, Togo e Bangladesh. Una numerosa comunità multietnica che chiede di avere un ruolo decisivo e definitivo nella gestione dell’associazione, i cui vertici rappresentano, invece, solo la parte araba, secondo gli scriventi. L’imam Hosny aveva colto tensioni e squilibri e aveva deciso di portare piccole “innovazioni”, come il sermone in italiano, che secondo alcuni non sarebbero affatto state gradite da tutti. «Da tre anni non sono convocate le assemblee e il direttivo è decaduto (...) - si legge nell’appello - .Siamo tutti cittadini italiani e frequentiamo da tempo il centro islamico dove ci rechiamo per incontrarci e pregare. Fino a tre anni fa non avevamo avuto nessun problema, ma poi tutto è diventato più difficile e da alcune settimane anche più pericoloso. Chiediamo che le persone a cui ci riferiamo vengano allontanate dal centro per la nostra sicurezza». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino