Centro islamico senza pace: l'imam Hosny sospeso di nuovo. Clima sempre più teso tra le due "fazioni"

Centro islamico Comina Pordenone
PORDENONE - Liti, querele e tensione alle stelle sono all’ordine del giorno nel centro islamico della Comina, A raccontare una spaccatura sempre più marcata tra...

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PORDENONE - Liti, querele e tensione alle stelle sono all’ordine del giorno nel centro islamico della Comina, A raccontare una spaccatura sempre più marcata tra quelli che possono essere definiti due mondi per i quali pare impossibile una normale convivenza. Due realtà e due modi differenti di considerare il rito della preghiera, il concetto di integrazione e di condivisione. Ne è l’esempio la “contestazione disciplinare” indirizzata all’imam egiziano Mohamed Hosny, datata giovedì 9 marzo e firmata da Ben Driss (vicepresidente che ora sostituisce il presidente dimissionario del centro islamico), con la quale il capo della preghiera viene sospeso in via cautelare. Un provvedimento destinato a far nascere da subito ricorsi e contestazioni: Driss, in quanto datore di lavoro dell’imam Hosny, può sospenderlo, ma si tratta una decisione subordinata alla decisione del direttivo che, però, risulta scaduto da due anni. Insomma, una camminata su una sottile lastra di ghiaccio. Che certamente non rassenerà un clima sempre più agitato.


LA LETTERA
Nella contestazione disciplinare inviata all’imam, si raccontano alcuni episodi avvenuti all’interno del centro islamico che avrebbero avuto quale protagonista lo stesso Hosny. Fatti che fotografano quanto sta accadendo in Comina, con liti pronte a scoppiare, porte chiuse, lezioni secondo una parte non autorizzate, insulti. Un canovaccio giù visto e che tra novembre 2019 e gennaio 2020 aveva costretto le forze dell’ordine a intervenire diverse volte nel centro islamico. Ed è proprio in quel lasso di tempo che c’è stata la prima sospensione dell’imam Hosny, precisamente il 23 dicembre 2019 quando, come dipendente del centro islamico, fu licenziato con effetto immediato. Un provvedimento contestato da subito, ma che accese una miccia che non si è ancora spenta. Anzi. Hosny è stato reintegrato dopo una lunga battaglia davanti al giudice del lavoro di Pordenone, ma la “parte di etnia araba” non ha mai accettato di fatto la sentenza. 


GLI ULTIMI ATTRITI


La puntata precedente all’ultima sospensione dell’Imam risale al lunedì scorso, con l’appello alle autorità dei rappresentanti delle comunità di Pordenone di Senegal, Niger, Ghana, Pakistan, Burkina Faso, Benin, Togo e Bangladesh. Una numerosa comunità multietnica che chiede di avere un ruolo decisivo e definitivo nella gestione dell’associazione, i cui vertici rappresentano, invece, solo la parte araba, secondo gli scriventi. L’imam Hosny aveva colto tensioni e squilibri e aveva deciso di portare piccole “innovazioni”, come il sermone in italiano, che secondo alcuni non sarebbero affatto state gradite da tutti. «Da tre anni non sono convocate le assemblee e il direttivo è decaduto (...) - si legge nell’appello - .Siamo tutti cittadini italiani e frequentiamo da tempo il centro islamico dove ci rechiamo per incontrarci e pregare. Fino a tre anni fa non avevamo avuto nessun problema, ma poi tutto è diventato più difficile e da alcune settimane anche più pericoloso. Chiediamo che le persone a cui ci riferiamo vengano allontanate dal centro per la nostra sicurezza».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino