Maxi-causa del Chievo contro la Figc e la Clivense di Pellissier: «Danni per 140 milioni»

L’ex club gialloblù e Paluani lamentano l’esclusione dalla serie B

VERONA - Una maxi-causa contro la Figc e il suo presidente Gabriele Gravina, ma anche contro la Fc Clivense e il suo leader Sergio Pellissier. È quella intentata, davanti...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

VERONA - Una maxi-causa contro la Figc e il suo presidente Gabriele Gravina, ma anche contro la Fc Clivense e il suo leader Sergio Pellissier. È quella intentata, davanti al Tribunale di Venezia (sezione specializzata in materia di impresa), dall’Ac Chievo Verona e dal suo socio di maggioranza Paluani. Prima di fallire, le società del patron Luca Campedelli hanno presentato domanda per il risarcimento «di tutti i danni subiti» per l’asserita illiceità dell’esclusione dal campionato di serie B e per la presunta violazione dei diritti di proprietà industriale relativi ai marchi sportivi: importi «ingentissimi» che un anno fa l’avvocato Stefano De Bosio aveva stimato in «140 milioni», per i quali ora la richiesta proseguirà in due diverse sedi giudiziarie, cioè amministrativa e civile.

LA GIURISDIZIONE
A stabilirlo è stata la Cassazione, con un’ordinanza pubblicata lunedì, pronunciandosi su una questione preventiva di giurisdizione. In sostanza la Suprema Corte ha dichiarato che il filone relativo a Figc e Gravina dovrà spostarsi al Tar, mentre quello riferito a Clivense e Pellissier potrà continuare al Tribunale delle imprese. Nella ventina di pagine dove sono illustrate le motivazioni della decisione, sono dettagliati anche i particolari dell’azione risarcitoria, in cui sono state coinvolte pure le compagnie assicurative Tua, UnipolSai e Chubb European Group.


L’ESTROMISSIONE
Da un lato c’è il tema dell’estromissione dalla serie cadetta, a causa delle pendenze erariali, comunicata al Chievo l’8 luglio 2021 dalla Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche, organismo interno alla Federazione italiana giuoco calcio. In particolare la Covisov aveva rilevato il mancato assolvimento degli obblighi fiscali inerenti alle liquidazioni Iva del primo e del secondo trimestre 2019, di tutti e quattro i trimestri 2018 e 2017, dei periodi di imposta 2014, 2015 e 2016. Dopo aver ottenuto la rateizzazione, il club gialloblù era riuscito ad abbattere il debito da 36,6 a 17,8 milioni, ma nel 2020 aveva interrotto i versamenti e nel 2021 si era visto rifiutare una nuova istanza di dilazione, in quanto ritenuta «insufficiente ai fini della regolarizzazione della propria posizione debitoria». Successivamente erano stati bocciati tutti i suoi ricorsi davanti alla giustizia sia sportiva che amministrativa. A quel punto è stata giocata la carta civile, chiedendo i danni anche per il «provvedimento di svincolo coattivo dei calciatori tesserati con il Chievo Verona».

IL SIMBOLO
Non solo: Chievo e Paluani hanno contestato a Figc, Gravina, Clivense e Pellissier pure il concorso «negli atti illeciti di contraffazione e negli atti di concorrenza sleale» commessi con l’affiliazione della nuova squadra fondata dall’ex capitano gialloblù (inizialmente ribattezzata “Chievo 2021”) e con l’utilizzo della relativa denominazione nei documenti federali. Per questo è stato chiesto al Tribunale di Venezia di proibire l’utilizzo dei segni “F.C. Chievo Verona 2021 A.S.D.”, “Chievo 2021”, “Chievo”, “F.C. Clivense”, “Clivense”, del simbolo e di «qualsiasi altro segno distintivo contenente le parole Chievo e/o Clivense e/o la diga del Chievo», nonché di ordinare «la distruzione di tutti gli strumenti» impiegati «per produrre e/o commercializzare l’attività». Inoltre è stato domandato di fissare una penale di 500.000 euro per ogni giorno di violazione dell’eventuale provvedimento inibitorio. La tesi delle società di Campedelli è che «l’illecita esclusione e l’illecito svincolo, lasciando campo libero alla c.d. “Falsa Chievo” di spacciarsi quale continuazione del glorioso vero Chievo e come colei che ne raccoglie l’eredità e ne difende il nome e i colori», così come «la illecita affiliazione del nuovo club», siano «strettamente connessi» alla «contraffazione dei marchi Chievo». 

IL DIFETTO


Contestazioni respinte da Figc, Gravina, Clivense e Pellissier. Al momento la prima vittoria procedurale è andata alla Federazione e al suo legale rappresentante, i quali davanti alla Cassazione hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, in quanto i provvedimenti di esclusione, svincolo e affiliazione sono «espressione di potere pubblicistico». Questa argomentazione è stata accolta dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, secondo cui è al Tar che andrà inoltre «rivolta la sollecitazione a proporre l’incidente di costituzionalità». In altre parole, Chievo e Paluani dovranno riavviare la causa milionaria contro Figc e Gravina di fronte al Tribunale amministrativo regionale (verosimilmente del Lazio), al quale potranno anche chiedere di sollevare davanti alla Consulta la questione di legittimità in merito ai termini dei pagamenti esattoriali. Invece potrà andare avanti in laguna il procedimento contro Clivense e Pellissier, attualmente impegnati nel campionato di serie D.
  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino