La prossima settimana il via libera in commissione, poi l’aula quindi il passaggio alla Camera che sulla carta dovrebbe essere quello definitivo. Ma la strada della riforma...
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L’avvio del percorso che dovrà portare ad un nuovo catasto è forse il capitolo più atteso della riforma, anche perché questo percorso dovrà incrociarsi con quello della tassazione immobiliare, oggetto di interventi quasi continui (e non ancora definitivi) negli ultimi mesi. Una volta approvato in via definitiva dal Parlamento il testo della legge il governo provvederà ad emanare i vari decreti delegati tra cui appunto quello che riguarda il catasto. Il compito da svolgere è immane, non solo perché l’ultima riforma organica risale a prima della seconda guerra mondiale. Saranno coinvolte 63 milioni di unità immobiliari e ci vorranno alcuni anni (cinque secondo il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera) per arrivare all’assetto definitivo.
Alla fine, il catasto dovrebbe avere un’altra faccia, a partire dall’unità di misura: gli attuali vani saranno sostituiti dai metri quadrati. Ma soprattutto il valore dei fabbricati dovrebbe essere collegato a quello di mercato, con riferimento alle quotazioni del triennio antecedente l’entrata in vigore del decreto. Sarà poi un algoritmo a mettere insieme i livelli di mercato con le caratteristiche del singolo edificio (posizione, caratteristiche costruttive, stato di manutenzione e così via) per ottenere il valore finale. È probabile che venga usata l’attuale banca dati immobiliare dell’Agenzia del Territorio, articolata in microzone (Omi). Per una serie di edifici però questa procedura non potrà essere utilizzata e occorrerà ricorrere a stime dirette.
INVARIANZA DI GETTITO
Accanto ai valori patrimoniali saranno rideterminate anche le rendite, che saranno basate sui valori di mercato dei canoni di locazione, dai quali verranno sottratte le spese di manutenzione. Il principio ispiratore della riforma è l’invarianza di gettito: all’incremento dei valori dovrebbe corrispondere una modifica in senso opposto di aliquote e detrazioni. Naturalmente l’applicazione di questo meccanismo a livello nazionale non garantisce l’invarianza nei singoli Comuni e tanto meno per i singoli contribuenti.
Un nodo rilevantissimo è la gestione della lunga fase transitoria. Va ricordato che in realtà in attesa della grande riforma in questi anni qualcosa si è mosso. Una legge del 2004 dava ai Comuni la possibilità di riclassare microzone del proprio territorio in base ai valori di mercato oppure singole unità immobiliare a seguito di variazioni edilizie e ristrutturazioni. Alcune amministrazioni lo hanno fatto (Roma è tra queste), anche con forti aumenti del prelievo a carico degli: resta da capire come questi valori attribuiti da poco si combineranno con quelli della riforma.
È prevedibile comunque che - come la legge consente - in una prima fase sia proprio l’Agenzia delle Entrate a fissare valori e rendite che serviranno da base per il prelievo fiscale in attesa delll’avvento definitivo del nuovo catasto. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino