Case di riposo, buco di 5 milioni ​«Chi ha l’Alzheimer non paga»

Case di riposo, buco di 5 milioni in Veneto
Le 366 case di riposo del Veneto hanno complessivamente un buco di 5 milioni di euro perché ci sono circa 2mila ospiti, e con loro i rispettivi parenti, che rifiutano di...

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Le 366 case di riposo del Veneto hanno complessivamente un buco di 5 milioni di euro perché ci sono circa 2mila ospiti, e con loro i rispettivi parenti, che rifiutano di pagare la retta alberghiera di 1600 euro al mese e si sono pure visti dare ragione dai tribunali. C’è gente che non solo non ha più pagato, ma è riuscita anche a farsi restituire i soldi versati fino a quel momento. Stando alle sentenze fin qui accumulate, la motivazione è di carattere sanitario: se un anziano ha l’Alzheimer, a farsi carico non solo delle cure, ma anche dell’ospitalità, deve essere il Servizio sanitario attraverso la casa di riposo. Un po’ come avviene in ospedale, con la differenza però che in ospedale si entra e si esce, mentre in casa di riposo si può stare anni se non decenni. Altre sentenze hanno stabilito che se l’anziano non ha l’Alzheimer ma è comunque non autosufficiente, basta che versi la sua pensione per pagare la retta e se la pensione non è sufficiente, va bene lo stesso.


Il caso, sollevato da tempo da Roberto Volpe, presidente dell’Uripa (Unione regionale istituzioni e iniziative pubbliche e private di assistenza agli anziani), è stato fatto proprio dai consiglieri regionali tosiani Giovanna Negro, Maurizio Conte, Stefano Casali e Andrea Bassi che ieri hanno presentato una proposta di legge per colmare il vuoto normativo e stabilire in maniera inequivocabile che chi entra in casa di riposo deve pagarsi la retta alberghiera, mentre la quota sanitaria resta in carico all’ente pubblico. Così, prendendo spunto da quanto già fatto nella Regione Toscana, la proposta avanzata è che tutti i potenziali eredi dell’anziano, fino al sesto grado, siano compartecipi delle rette. Va da sé che bisogna metterlo nero su bianco: di qui la proposta di legge.

A sentire Giovanna Negro è una questione di «giustizia sociale», perché per far fronte alle rette non pagate da alcuni ospiti e coprire il buco, le case di riposo si trovano a dover aumentare le stesse rette, penalizzando chi ha sempre pagato la propria parte. «Oggi - ha aggiunto Casali - si può arrivare al paradosso di avere una nonnina con la pensione sociale a carico del servizio sociale mentre il figlio o il nipote gira con la Ferrari. Con questa legge ribadiamo un principio basilare della società, ovvero che siano i parenti a prendersi cura dell’anziano».

La situazione - ha spiegato Volpe - è venuta a crearsi a causa di un vuoto legislativo dovuto alla mancanza dei decreti attuativi della legge 328/2009. Con la riforma del Titolo V della Costituzione, la regolamentazione dei servizi sociali è in capo alle regioni ma il Veneto non ha affrontato il caso. Ci ha pensato la giurisprudenza: sentenza dopo sentenza - la prima è stata a Rovigo, le successive soprattutto nel veronese - è diventata prassi far pagare all’ospite, nel caso di persone non autosufficienti, solo una quota pari all’importo della sua pensione, mentre nel caso di malati di Alzheimer non viene richiesto il pagamento di nessuna retta e tutto passa a carico del Servizio sanitario regionale. La casa di riposo, a quel punto, dovrebbe far causa alla Regione per recuperare le somme? «Ma non si può - ha detto Volpe - noi siamo partner della Regione e delle Ulss. È la politica che deve metterci nelle condizioni di operare». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino