Casa, Zaia sfida la Consulta: «Per gli alloggi popolari premio chi vive già qui»

Casa, Zaia sfida la Consulta: «Per gli alloggi popolari premio chi vive già qui»
VENEZIA - Dopo aver «preso atto», e non aver «condiviso», ora Luca Zaia sfida la sentenza della Corte Costituzionale sull’Edilizia residenziale...

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VENEZIA - Dopo aver «preso atto», e non aver «condiviso», ora Luca Zaia sfida la sentenza della Corte Costituzionale sull’Edilizia residenziale pubblica. «Premieremo nelle graduatorie chi dimostrerà di risiedere in Veneto da tempo», annuncia il presidente della Regione, facendo capire di aver trovato nelle pieghe del verdetto la soluzione giuridica al problema della violazione dei princìpi «di ragionevolezza e di eguaglianza» evidenziato dalla Consulta: ai bandi potranno partecipare tutti, ma chi avrà maturato almeno 5 anni di residenza negli ultimi 10, riceverà un punteggio maggiore in graduatoria. Parole che tornano a rinfocolare lo scontro.


IL GRIMALDELLO
Zaia è determinato: «Se per la Corte Costituzionale la residenza in Veneto da almeno cinque anni, anche non consecutivi, non può essere un requisito necessario per l’accesso alle case popolari, vorrà dire che interverremo assegnando punteggi più alti a chi dimostra di aver posto radici da tempo nel nostro territorio». Il grimaldello è stato tratteggiato dagli stessi giudici, nel passaggio in cui hanno scritto di non aver escluso che «in sede di formazione delle graduatorie, sia possibile valorizzare indici ragionevolmente idonei “a fondare una prognosi di stanzialità”», come chiosavano nel 2020 a proposito della Lombardia, «purché compatibili con lo stato di bisogno e, dunque, tali da non privarlo di rilievo». Cosa significa? Come aveva rilevato a proposito della legge lombarda, per la Consulta «la prospettiva della stabilità può rientrare tra gli elementi da valutare in sede di formazione della graduatoria (...) ma non può costituire una condizione di generalizzata esclusione dall’accesso al servizio». Dunque i 5 anni di residenza non devono essere il requisito indispensabile per chiedere l’alloggio, ma possono fruttare più punti nella classifica dei richiedenti. 
Dice ancora Zaia: «È bene chiarire che la legge bocciata dalla Corte Costituzionale risale al 2017: all’epoca c’era un governo di un colore politico ben diverso rispetto a quello della nostra amministrazione, il governo Gentiloni, che non impugnò la nostra legge, reputandola evidentemente corretta. Prendiamo atto della sentenza della Corte, ma adegueremo la formulazione dei bandi: garantiremo maggiori punteggi a coloro che sono residenti da tempo nel territorio del Veneto, premiando chi dimostra di voler mettere radici e dare qui un futuro alla propria famiglia». Italiano o immigrato che sia, ribadisce il leghista: «L’annullamento del principio di residenza pregressa pone sullo stesso piano chi è nato in Veneto o chi ci vive da tempo, portando il proprio contributo, con chi è magari è arrivato solo da qualche ora nel nostro territorio e chiede un alloggio pubblico in attesa di trasferirsi altrove. Mettendosi anche nei panni degli stranieri che hanno scelto di far crescere la propria famiglia nella nostra regione, questa scelta appare illogica».


LE REAZIONI
Daniele Giordano, segretario generale della Cgil di Venezia, auspica però che la Regione «non insegua» l’esempio lagunare del “prima i veneti” nel welfare: «Abbiamo già contestato criteri come questo che sono già in uso nell’accesso ad alcuni servizi pubblici. Il caso più emblematico sono le graduatorie degli asili nido del Comune di Venezia dove l’anzianità di residenza raccoglie addirittura più punti di quanti vengono attribuiti alle famiglie con entrambi i genitori che lavorano». 


Nel frattempo l’Avvocatura regionale esclude ripercussioni della sentenza sulle graduatorie stilate a partire dal 2017, ma Asgi, Razzismo Stop Onlus e Sunia rilanciano: «I bandi che avevano escluso illegittimamente cittadini stranieri (e non) dovranno essere riaperti. Ancora una volta le ragioni dell’uguaglianza superano l’irragionevole e ideologica esclusione di alcune categorie di soggetti meritevoli di aiuto, cui viene negato il fondamentale diritto alla casa senza alcuna logica». Dopo aver sostenuto la causa civile promossa a Padova da un venezuelano, una camerunense e una nigeriana, le associazioni invitano «le Regioni che ancora presentano questa previsione (Piemonte e Umbria) a eliminarle senza attendere gli esiti dei giudizi in corso, ristabilendo così il principio secondo cui le politiche sociali devono avere come naturali destinatari le persone bisognose, indipendentemente dalla durata della residenza», nell’interesse «non solo dei cittadini stranieri» ma anche degli italiani «la cui mobilità tra comuni e tra regioni dovrebbe essere favorita nell’interesse del dinamismo sociale».
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Il Gazzettino