Bufera sui nuovi cartelli stradali della bretella di Pordenone: «Sono in friulano, non ci rappresentano»

I cartelli bilingue a Pordenone
PORDENONE - Pordenone città del Friuli-Venezia Giulia, ma non friulana. E’ quanto sostengono coloro - e la schiera si ingrossa di ora in ora - che da alcuni giorni...

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PORDENONE - Pordenone città del Friuli-Venezia Giulia, ma non friulana. E’ quanto sostengono coloro - e la schiera si ingrossa di ora in ora - che da alcuni giorni hanno scatenato una polemica sull’utilizzo del bilinguismo nella cartellonistica stradale lungo la nuovissima Circonvallazione Sud di Pordenone. Per i pordenonesi doc la lingua parlata è sempre stata molto simile al veneto, così quando hanno visto quel “Vignesie” invece che il loro tradizionale “Venessia” si è scatenata la bagarre. A farsi interprete, con molto garbo, del malcontento crescente, è un autore locale, Maurizio Marcolin, in arte “Maramau” che ha indirizzato una lettera aperta all’emittente locale Il13 e al vice sindaco e assessore alla cultura di Pordenone, Alberto Parigi. L’artista da oltre vent’anni compone apprezzati versi nella lingua dei genitori e dei nonni: il dialetto pordenonese. «Pordenone e il suo territorio nel tempo hanno conservato una propria autonomia, con statuti e privilegi grazie anche al fiume Noncello che li collegava alla Laguna. Forse proprio da questo isolamento è nato il dialetto pordenonese (nella storia se ne sono parlati almeno tre) che premiava la lingua di Venezia e l’hanno resa una specie di isola separata dal resto del Friuli». «A partire dal dopoguerra - spiega Marcolin -, Ettore Busetto, Umberto Grizzo, Luciano Rocco e Maurizio Lucchetta si sono cimentati con il teatro, con i loro versi, i loro racconti in questo dialetto di radici venete ma diverso, anche se al suo interno ci sono ancora vocaboli comuni alla marilenghe friulana. Guerrino Girolamo Corbanese con la sua proposta di dizionario “La parlata Pordenonese”, e ancora Mario Sartor Ceciliot, con il suo “Dizionario del dialetto Pordenonese”, hanno poi scolpito questo dialetto nelle loro opere letterarie. Piera Rizzolatti, con “Qui comenca, la Cantinella” studi e ricerca della parlata pordenonese, a cura del Comune di Pordenone, raccoglie 300 anni di parlata pordenonese. Persino Pasolini ha scritto versi in Pordenonese, chiamandola lingua inventata». 


LO SFOGO


«Quelle scritte non raccolgono usi e cultura della patria che ha dato i natali al Beato Odorico da Pordenone e a Luciano Rocco scrittore e fondatore del celebre Gruppo Teatrale Pordenone - sostiene “Maramau” -. Vorrei capire, secondo quali alchimie sono state aggiunte nei cartelli stradali, e con tutto il rispetto che porto per la marilenghe, le scritte in friulano in una zona che quella lingua non l’ha mai utilizzata». Nei dibattiti sui social, le prese di posizione di “Maramau” hanno riscosso consensi bipartisan, come quelli degli ex consiglieri regionali Paolo Panontin e Paolo Santin, che hanno espresso il loro scetticismo. «Quando due friulani dialogano tra loro - ammettono molti residenti storici della città sul Noncello - noi capiamo poco e niente».


L’ESPERTO


A dipanare la matassa ci ha pensato un consigliere regionale, Markus Maurmair, che per anni è stato presidente della Comunità linguistica friulana. «Quel cartello è sacrosanto - ha ricordato - in quanto le arterie regionali devono avere il bilinguismo, come da legge specifica e da scelte del Comune di adottarlo, in ossequio alla normativa del 1999. La toponomastica è frutto di una ricerca che la Direzione regionale per le politiche linguistiche ha assegnato all’Arlef, ente custode del friulano istituzionale, che tutti sappiamo avere svariate declinazioni per ogni singolo paese. Alle amministrazioni comunali è stata comunque concessa la deroga per usare toponimi locali, sempre friulani, nel traffico secondario». Maurmair ammonisce anche sull’importanza dell’utilizzo della lingua friulana: «Senza più guerra fredda e con Slovenia e Croazia nella Ue, i motivi per la specialità del Friuli-Venezia Giulia sarebbero venuti meno. E’, quindi, proprio la tutela delle minoranze a giustificarla: esse sono quella slovena, tedesca e, appunto, friulana». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino