Dal carretto di papà Angelo a una storia di successo: la dinastia Carron festeggia 60 anni

La dinastia Carron: Diego, Arianna, Paola, Marta e Barbara
SAN ZENONE (TV)  - Angelo Carron iniziò con un carretto e una piccola betoniera trainata da un asino. Era il 1963, agli albori di quel miracolo economico veneto...

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SAN ZENONE (TV)  - Angelo Carron iniziò con un carretto e una piccola betoniera trainata da un asino. Era il 1963, agli albori di quel miracolo economico veneto di cui l'imprenditore di Ca' Rainati di San Zenone degli Ezzelini è stato uno dei protagonisti. Oggi il gruppo Carron è uno dei big dell'edilizia e del restauro a livello nazionale: una previsione di 360 milioni di euro di fatturato per l'esercizio corrente, 230 dipendenti, con un indotto che dà lavoro a un migliaio di persone ogni giorno, cantieri in tutta Italia. Proprio a loro sarà dedicato oggi l'evento per il 60. di fondazione. Dal 2001, alla morte del cavalier Angelo, a soli 58 anni, il timone è in mano ai figli: Diego (all'epoca aveva 33 anni e si era appena laureato in architettura, è tuttora presidente), Arianna, Paola, Marta e Barbara. La seconda generazione ha proseguito e sviluppato la visione paterna, in una coesione che è familiare e professionale.


«Le mie sorelle e io rappresentiamo un passaggio generazionale realizzato, anche se nel nostro caso accelerato dalla prematura scomparsa di papà -spiega Diego Carron- Nostro padre era partito da zero, anzi da sottozero, veniva da una famiglia molto povera, aveva dovuto emigrare in Svizzera. A 13 anni mi portava in cantiere con lui, chiaramente oggi l'attività è cambiata e si è evoluta, ma manteniamo i suoi valori: rispettare la parola data, essere puntuali nel pagamento di fornitori e dipendenti, mettere la soddisfazione del cliente prima di tutto. Possono sembrare aspetti banali, persino anacronistici. Però sono principi per noi fondamentali».

Come vede la situazione del settore?
«Lo scoppio della guerra in Ucraina, più ancora della pandemia, ha stravolto il mercato delle materie prime e portato un aumento spropositato dei prezzi. A causa di ciò, insieme al rialzo dei tassi, dopo due anni di euforia, avremo un po' più di calma. Che non significa recessione, ma tanti che hanno in programma investimenti magari attenderanno per capire l'evolvere della situazione. Inoltre, il Superbonus ha un po' drogato il mercato: al di là delle truffe di cui si legge, quando regali un prodotto, per cui il prezzo non ha più importanza, crei delle sfasature poi difficili da riassorbire».

E le prospettive per il gruppo?
«Per quanto ci riguarda, sono buone: abbiamo un buon portafoglio lavori per il 2024 e il 2025. In questi anni ci siamo creati un nome e ora ciò sta pagando: abbiamo potuto constatare di essere scelti non in base al prezzo, ma all'affidabilità e alla serietà».

Una linea di sviluppo su cui puntare?
«Più che un segmento, direi un'area: l'area metropolitana milanese. Negli ultimi 10 anni per noi è valsa quasi 800 milioni di euro. Poi ci piacerebbe rafforzare il segmento dell'hotellerie, comparto rispetto al quale disponiamo di eccellenti professionalità in azienda. Tra i progetti in questo campo, stiamo lavorando al nuovo hotel Bulgari a Roma e a un hotel di proprietà in Valle Aurina, a impatto zero. Ma continueremo anche con l'immobiliare: ad esempio abbiamo stretto un accordo con Covivio per un complesso residenziale in via Zabarella a Padova. La diversificazione è sempre stata un nostro cavallo di battaglia e la vogliamo mantenere. E poi abbiamo un obiettivo riguardo anche al nostro personale».

Ovvero?
«Oggi l'età media dei nostri dipendenti è di 44 anni: vorremmo portarla a 42-43 nel giro del prossimo quadriennio».

Dovesse scegliere le opere che più rappresentano questi 60 anni, su quali punterebbe?
«Il complesso dell'università a Treviso: ho vissuto quella consegna con mio padre che stava morendo e ringrazierò sempre il presidente Dino De Poli per avermi confermato la fiducia. Poi il polo scolastico di H-Farm: siamo riusciti nell'impresa di costruirlo in dieci mesi, con il Covid in mezzo. Terzo, il "cantiere" della città Milano, la più aperta d'Italia, che ha permesso anche una realtà con sede in una frazione di duemila anime, di presentarsi in una piazza importantissima».

Edilizia e sostenibilità: un binomio possibile?


«In tema di rigenerazione abbiamo fatto tanto, ma c'è ancora tanto da fare. Penso proprio a Milano: su 10 interventi, almeno sette riguardano il recupero e la riattualizzazione. Da due anni presentiamo il bilancio di sostenibilità, nonostante non ci sia alcun obbligo. E stiamo partendo con un cantiere eco-sostenibile, misurandone in concreto gli impatti».


 

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Il Gazzettino