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TREVISO - Il caro prezzi investe famiglie e imprese trevigiane. A febbraio, l'inflazione segna nella Marca gli aumenti maggiori su scala nazionale in vari settori, su tutti l'alimentare: il rialzo dell'8,6% registrato rispetto al medesimo mese del 2021 equivale a più del doppio della media italiana (attestata al 4,4%). Oppure, nei mobili, articoli e servizi per la casa: nessun'altra area ha visto un dato peggiore del più 5,3% locale. In media, il costo della vita in un anno nella Marca Trevigiana è aumentato del 6,1%, quasi un quinto in più del dato nazionale, pari al 5,1%. Valori che, in generale, non si registravano dai primi anni Novanta del secolo scorso. E che si stanno mangiando la ripresa dei mesi scorsi. Tanto che Confartigianato lancia l'allarme: salvo un rapido raffreddamento, più di un'azienda rischia di dover chiudere.
L'ALLARME
«Gli aumenti dei costi stanno colpendo in particolare il settore casa e l'alimentare - sottolinea Oscar Bernardi, presidente di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana - due settori vitali per la nostra provincia e per l'artigianato in particolare.
I TRASPORTI
Altro settore fortemente penalizzato dall'inflazione i trasporti, che scontano il caro- carburante, tradotto in un aumento annuo del 9,6%, contro il 9% nazionale. Un po' meglio va nell'abbigliamento e calzature (più 0,6% rispetto allo 0,3% nazionale) e nei servizi ricettivi e ristorazione (più 2,3%), così come per i costi dell''istruzione (più 2,9%), in entrambi i casi in linea con il resto d'Italia. Fortunatamente, ci sono anche alcuni panieri risparmiati dall'inflazione, anzi dove i prezzi sono scesi. Nei servizi sanitari e spese per la salute, Treviso è tra le migliori in Italia con un calo 1,7%, rispetto alla media generale di meno 0,2%. Diminuiti dello 0,3% anche i costi delle comunicazioni, alla stregua di quanto avvenuto in ambito italiano. Purtroppo magra consolazione, per il presidente Bernardi: «L'inflazione è la nuova pandemia economica' - conferma -. Il rischio dei costi che stanno esplodendo si potrebbe presto tradurre in saracinesche abbassate. La riduzione dei margini per le imprese diventa ormai palese, quando si confronta l'inflazione in entrata', cioè delle materie prime e dell'energia, con quella in uscita', cioè il costo dei prodotti e dei servizi, che in alcuni casi è ancora negativa. Significa che le imprese non vogliono o non possono trasferire i maggiori costi sul cliente. Una situazione che però non reggerà a lungo».
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Il Gazzettino