Maxi bollette, a rischio 1.500 imprese. Il settore terziario trevigiano è in ginocchio

Maxi bollette, a rischio 1.500 imprese nel trevigiano
TREVISO - Il caro bollette sta mettendo in ginocchio il terziario trevigiano. Già oggi 700 imprese del commercio, turismo e servizi dichiarano di essere a rischio...

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TREVISO - Il caro bollette sta mettendo in ginocchio il terziario trevigiano. Già oggi 700 imprese del commercio, turismo e servizi dichiarano di essere a rischio sopravvivenza. Se non interverranno correttivi a breve, il numero è destinato a raddoppiare: 1.550 ditte nei prossimi mesi potrebbero dover abbassare definitivamente la saracinesca, lasciando a casa circa 4.900 addetti. E pensare che la Marca mostra una capacità di resistenza comunque superiore a molti altri territori: le realtà più in sofferenza rappresentano il 3,9% del totale del comparto, a fronte di una media nazionale pari al 4,6%. Il periodico rapporto dell'Osservatorio congiunturale sul settore, promosso da Confcommercio provinciale e Banca Prealpi SanBiagio, conferma come la crisi energetica, combinata ai rincari delle forniture, sia il principale macigno pericolante su negozi, pubblici esercizi, società di servizi. Oltre tre ditte su dieci prevedono che a fine 2022 la fattura complessiva di elettricità e gas sarà più che raddoppiata rispetto all'anno precedente. Con un impatto devastante sui bilanci: tre su quattro prefigurano difficoltà a mantenere in essere l'attività nei prossimi sei mesi. In particolare i panificatori sono in crisi: «Uno su dieci destinato a chiudere».

I numeri

Oltre tre ditte su dieci prevedono che a fine 2022 la fattura di elettricità e gas sarà più che raddoppiata rispetto all’anno precedente. Con un impatto devastante sui bilanci: tre su quattro prefigurano difficoltà a mantenere l’attività nei prossimi sei mesi. Non stupisce, in questo quadro, che la fiducia degli imprenditori sia in calo: a settembre l’indice dell’andamento dei ricavi è sceso a 42, tre punti in meno di giugno. Si attendono, tuttavia, con una certa speranza le feste natalizie, con una prospettiva di rialzo a 45. Naturalmente, le imprese non restano semplicemente a guardare: oltre a ritoccare i listini per i clienti finali (l’ha fatto il 45% del campione), «si profilano, e si stanno già verificando come ‘strategie in essere’, nuovi comportamenti e nuovi approcci: cambi di orari, nuove abitudini, chiusure anticipate, nuove economie di scala, riduzione dei giorni lavorativi, chiusura di superfici inutilizzate», ricorda Dania Sartorato, presidente dell’unione provinciale di Confcommercio. «Questa però è una crisi di sistema, le leve in mano ai singoli imprenditori sono molto relative», spiega Pierluigi Ascani, curatore della ricerca con la sua Format Research. Non a caso, oltre la metà delle aziende ritiene che tutte queste contromisure potranno limitare poco o niente la ricaduta economica dei rincari. Urgono azioni al livello superiore. 

Le proposte

Tre le proposte essenziali che Sartorato, insieme ai colleghi del Veneto, rivolge ai neoparlamentari: «Un tetto massimo al prezzo che i fornitori potranno addebitare ai clienti nei prossimi mesi, con la differenza rispetto ai prezzi di mercato a carico dello Stato, o, in subordine, una proroga dei crediti d’imposta, nella misura del 30% per l’energia elettrica e 40% per il gas metano. Un sostanziale aumento dei crediti d’imposta sulle spese energetiche del terzo trimestre 2022. Una riforma del funzionamento della nostra borsa elettrica, che svincoli il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas». Nel trimestre, flette di sei punti la quota di imprese che hanno richiesto credito: «Il sistema bancario continua però a fare la propria parte - nota Francesco Piccin, capoarea di Prealpi Sanbiagio -, poiché ben il 78% delle imprese ha visto accogliere interamente la propria domanda di credito. Un dato importante, soprattutto perché il 22% delle aziende ha fatto richiesta per effettuare investimenti». 

 

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Il Gazzettino