Il direttore del Carnevale alla città: «Tutti in maschera e in Piazza»

Il direttore del Carnevale Maccapani con le Marie
VENEZIA - «Questa sera (ieri) mi vestirò da Cappellaio Matto. Cominciano le feste. Mi metterò un abito del Settecento per il Volo dell’Angelo dal...

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VENEZIA - «Questa sera (ieri) mi vestirò da Cappellaio Matto. Cominciano le feste. Mi metterò un abito del Settecento per il Volo dell’Angelo dal Campanile di San Marco alle 12. E’ tutto più ufficiale. Ma l’importante è che, finalmente, il Carnevale possa avere inizio».  Marco Maccapani, produttore e regista, un passato e un presente nel mondo della moda nazionale e internazionale, non nasconde la soddisfazione.


Direttore Maccapani, ce l’abbiamo fatta anche quest’anno...
«Certo! Vogliamo entrare subito nell’atmosfera della festa. L’anno scorso avevamo puntato sull’immagine di Venezia. Sul Tintoretto, sul Guardi. In questa edizione guardiamo a Pietro Longhi, al mondo che egli ha rappresentato, con i suoi ambienti e i suoi costumi». Quest’anno il Carnevale si declina con la parola Vanità. Cosa c’è di più vanitosa di Venezia... «Vogliamo dimostrare la vitalità di questa città e soprattutto che questa caratteristica venga recepita. Che sia una vanità “ordinata” con le sue regole, con i suoi divertimenti. Che sia una vanità orgogliosa».
Programma non facile? 
«Ma no! Vogliamo che sia un Carnevale più popolare con tante feste, ma non quelle esclusive. Che sia di tutti. Con un obiettivo fondamentale...» Quale? «Costringere benevolmente i veneziani a mettersi in maschera e partecipare ad una festa che unisce vanità, fascino e storia. Mi augurerei un ritorno alle origini». Possibile? «Solo passeggiare a Venezia consente ad ognuno di noi di mettere in mostra le proprie vanità. Anche la Curia Patriarcale ha deciso di misurarsi con essa riflettendo sui tessuti, i damaschi e gli addobbi. Basta andare nella chiesa di San Lio e lo si può capire. E poi diciamocelo: sdoganiamo la Vanità, quella con la “v” maiuscola».
Bella sfida.
«La prima è quella di far tornare i veneziani in Piazza. Me lo auguro di cuore. Gli artigiani a San Marco vogliono essere anche questo. La città che si riappropria della Piazza. Non è un caso che rispetto agli anni scorsi, l’area marciana sarà “aperta” fino alle 20.30. Non capitava da tempo».
La seconda?
«Se vanità deve essere, allora mostrarsi, mostrarsi per quello che si è. Punto e basta» (sorride)
Ma questa città, secondo lei è in grado di reggere l’impatto dei grandi eventi? Le polemiche sono quasi all’ordine del giorno.

«Il concetto non riguarda solo Venezia, ma tutte le città d’arte che sono preda del turismo di massa. E’ un fenomeno che riguarda tutti, nessuno escluso. Certo occorrerebbe un’Autorità nazionale sul Turismo che possa consentire e favorire un controllo e una gestione dei flussi turistici. Dovrebbe pensarci lo Stato. E fare un bel regalo a tutti noi. Senza scherzi di Carnevale».
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Il Gazzettino