Carmen Consoli allo Sherwood con un power trio al femminile

Carmen Consoli allo Sherwood con un power trio al femminile
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PADOVA - «Finalmente realizzo il sogno del trio femminile, un power trio che mi vede alla chitarra con altre due ragazze che mi sostengono: Luciana Luccini al basso e Fiamma Cardani alla batteria. E' la prima volta di tre donne sul palco, il lavoro è triplicato, ma riproporre le cose non fa parte di me, questo tour estivo è totalmente diverso da quello primaverile». Parole di Carmen Consoli che venerdì sera aprirà dallo Sherwood Festival di Padova, unica data del Nord-Est, il suo giro per l'Italia con altre 11 tappe. Si annuncia colorato, energico, un ritorno ai grandi spazi Woodstock ed isola di Wight.




Comincia da una terra che un po' le appartiene...

«Sono per metà veneta. Mamma trevigiana, parlo il dialetto, sono cresciuta molto qui, tra Goldoni e Pirandello. Sicilia e Veneto hanno molto in comune. Bello e brutto. Speravamo ci salvaste dalla mafia ed invece è radicata anche qui. Sono terre di grande emigrazione e di grande accoglienza, ma adesso la crisi ha portato a chiusure ed intolleranze. Le nostre regioni, l'Italia, sono state lasciate sole con i profughi, che scappano perchè noi abbiamo promesso la libertà, abbiamo fatto cadere i tiranni, li abbiamo illusi e giustamente chiedono il conto. Attenzione però: scappano dalle guerre, per salvarsi, i nostri per un futuro lavorativo migliore».



La vede nera per l'Italia?

«E' meravigliosa, ha una cultura millenaria, ora più che di strategie l'Italia ha bisogno di analisi, di uno psicologo. Nessuno ha mai investito sulla felicità, sull'amore, che generano valori ed anche economia. Le persone che si uccidono perchè la fabbrica va male: dovrebbe andare a ramengo l'azienda e invece no. C'è qualcosa che non funziona. Manca una politica della felicità».



Dai 14 anni a suonare nei locali. Una lunga gavetta, oggi i talent.

«Non c'è altra soluzione. Lo avrei fatto anch'io. Se ti stacchi dal mainstream non vai da nessuna parte. Non si ha idea di quanti Afterhours, Marlene Kunz, Carmen Consoli ci sono, ma non riescono ad emergere. Con la mia casa di produzione (la Narciso) lavoro in perdita, ma mi sento una mecenate. Cantare per me non è un lavoro. E' una cosa che mi piace e mi pagano per farlo. Da figlia unica seguo l'azienda di famiglia e faccio tante altre cose».



Anche la mamma di Carlo Giuseppe, due anni tra pochi giorni. Terza generazione di artisti?

«Cerco di dargli stimoli e di non isolarlo dalla società. Guarda i cartoon, ma ascolta i Beatles e la Norma di Bellini, corre sui prati e molto altro».



Il vino che ama di più?


«Vado per i rossi: Barolo, Nero d'Avola ed Amarone». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino