VENEZIA - Ricostruire le navi romane grazie alle immagini 3D raccolte in fondo al Mediterraneo, fotografando carichi di marmi naufragati. È l'obiettivo di «Le rotte del...
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Si tratterebbe, secondo le stime, di 290 tonnellate di marmo, perlopiù proconnesio, proveniente dall'isola di Marmara, antica Proconneso, in Turchia.
Le informazioni tratte da questa spedizione si aggiungeranno a quelle già raccolte a Punta Scifo, Calabria, e nel 2014 a Marzamemi e Capo Granitola, in Sicilia. In tutti questi casi si tratta di relitti di navi romane datati preliminarmente al 3° secolo d.C., con carichi di marmi orientali. Il legno delle navi è andato quasi completamente perduto. Il loro carico, che nel caso di Punta Scifo arrivava a 350 tonnellate di marmi, è invece rimasto a documentare il naufragio.
I ricercatori, guidati da Carlo Beltrame, docente di archeologia marittima del dipartimento di Studi Umanistici dell'Università Cà Foscari Venezia, stanno applicando dei metodi innovativi per ricomporre la disposizione del carico e da questa ricostruire la nave. La prima ricostruzione preliminare in 3D è stata realizzata per il relitto di Marzamemi, mentre per gli altri siti lo studio è in corso.
Questa sfida è resa possibile dalla fotogrammetria, tecnologia ben nota, ad esempio, in architettura e nel rilevamento topografico. Il progetto «Le rotte del marmo», invece, porta la fotogrammetria sperimentale in fondo al Mediterraneo, avvalendosi della consulenza di Francesco Guerra, responsabile del laboratorio di fotogrammetria dell'Università IUAV di Venezia.
Grazie a questa tecnologia, i blocchi di pietra diventano immagini tridimensionali. I campioni di marmo vengono invece analizzati da Lorenzo Lazzarini, direttore del Laboratorio per l'Analisi dei Materiali Antichi dello IUAV. L'originalità di questa applicazione è stata di recente premiata come miglior "paper" al ISPRS/CIPA workshop «Underwater 3D recording modeling» di Sorrento.
La documentazione raccolta viene quindi processata in ambiente 3D anche grazie alla collaborazione di Simone Parizzi, ingegnere navale, per proporre una ricostruzione delle dimensioni, della forma della nave e delle sue caratteristiche idrostatiche. Il progetto, coordinato da Carlo Beltrame, pone le basi per una sempre più stretta collaborazione tra i due atenei veneziani e tra questi e la Soprintendenza del Mare di Palermo (soprintendente Sebastiano Tusa) nel campo della ricerca archeologica sottomarina. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino