Cardiopatie: nel 2023 curati 800 bambini all'ospedale università di Padova

I medici dell'Ulss 6
PADOVA - Sono 801 i piccoli pazienti che sono stati ricoverati nel 2023 nei reparti di Cardiologia pediatrica e Cardiochirurgia pediatrica dell’Azienda...

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PADOVA - Sono 801 i piccoli pazienti che sono stati ricoverati nel 2023 nei reparti di Cardiologia pediatrica e Cardiochirurgia pediatrica dell’Azienda Ospedale-Università di Padova. Un polo d’eccellenza per l’intera regione e un fiore all’occhiello per la sanità padovana, dove vengono trattati bambini e ragazzi provenienti da mezza Italia. I risultati operativi dello scorso anno sono stati forniti ieri, in occasione della Giornata mondiale delle cardiopatie congenite alla presenza di Giuseppe Dal Ben, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera.

I REPARTI

La Uoc (Unità operativa complessa) Cardiologia pediatrica ha ricoverato 492 bambini: in 117 casi il ricovero era urgente. I pazienti della provincia di Padova sono stati 106, quelli da fuori provincia 240. E anche molti sono stati i casi di bambini provenienti da fuori regione con 142 ricoveri, mentre i pazienti di nazionalità straniera sono stati quattro. Il reparto è composto da otto medici con dieci posti letto a disposizione. La Uoc di Cardiochirurgia pediatrica, unica in Veneto, ha invece seguito 309 bambini: 79 dalla provincia, 110 da fuori provincia, 98 da fuori regione e 22 da altri Paesi. Il reparto è composto da tre medici, quattro posti letto per la degenza e tre posti letto di terapia intensiva.

LE PATOLOGIE

I tipi più comuni di cardiopatia congenita sono: valvola aortica bicuspide, difetti del setto ventricolare e difetti del setto interatriale. «Le cardiopatie congenite riguardano l’1% dei nati vivi e sono l’anomalia congenita più frequente – spiega Giovanni Di Salvo, direttore della Cardiologia pediatrica –. Un bambino su quattro nato con cardiopatia congenita presenta un difetto cardiaco critico e avrà bisogno di un intervento chirurgico o di un trattamento emodinamico entro i primi mesi di vita. Nel 15% dei casi è presente una componente ereditaria ma una volta trattata, per via cutanea o chirurgica, il 90% dei bambini raggiunge l’età adulta. Le cardiopatie congenite sono una storia che rappresenta il successo della medicina, reso concreto grazie al miglioramento delle tecnologie moderne. Un successo quindi in termini di diagnostica, terapia e chirurgia». Una volta trattata la cardiopatia congenita, i bambini prima e gli adulti poi, devono comunque affrontare la vita con alcune accortezze e controlli. «I ragazzi devono essere affiancati nei vari momenti della vita come l’attività sportiva, la realtà affettiva e la pianificazione di una gravidanza – continua Di Salvo –. In alcune malattie dopo il trattamento c’è il diritto all’oblio, ma nel caso della cardiopatia congenita l’etichetta rimane e è compito di noi medici garantire un’ottima qualità della vita. Il trattamento di queste patologie non si risolve con l’atto medico e chirurgico, ma occorre un accompagnamento nel percorso di vita e se affiancati da un centro specializzato possono avere una vita piena e normale».

I NUMERI



In Azienda ospedaliera ogni anno vengono eseguite 300 operazioni di cardiochirurgia pediatrica. Il 30% dei piccoli pazienti viene operato nel periodo neonatale, quindi nei primi trenta giorni di vita. «Il 90% dei pazienti ha già una diagnosi della patologia in gravidanza – sottolinea Vladimiro Vida, direttore della Uoc di Cardiochirurgia pediatrica –. Oggi il 98% dei pazienti sopravvive agli interventi chirurgici e avere la diagnosi alla nascita dà la possibilità di seguire il nascituro anche quando è ancora nella pancia della mamma, così da minimizzare il rischio». Sempre di più gli interventi vengono pianificati grazie a tecnologie all’avanguardia. «La stampa in 3D e la realtà virtuale permettono di simulare gli interventi in modo da ridurre i tempi e dare una maggiore sicurezza nell’atto operatorio – continua Vida –. Inoltre l’Azienda ha brevettato un simulatore che consente non solo di simulare gli interventi, ma anche di formare i giovani medici. Fondamentale è la collaborazione tra Azienda ospedaliera, associazioni e la Regione per garantire interventi al cuore dei piccoli pazienti stranieri che provengono da Paesi dove l’accessibilità alle cure non è consentita».

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Il Gazzettino