Il garante dei diritti dei detenuti, Pietropoli: «Il carcere di Rovigo ha bisogno di personale e di un suo direttore»

A fine gennaio si sono verificati atti di autolesionismo, un tentativo di impiccagione e diversi tafferugli

Il garante dei diritti dei detenuti di Rovigo spiega i problemi del carcere
ROVIGO - «Se i politici cominciassero a ragionare di iniziative per raggiungere la "certezza della riabilitazione del detenuto" piuttosto che ribadire il...

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ROVIGO - «Se i politici cominciassero a ragionare di iniziative per raggiungere la "certezza della riabilitazione del detenuto" piuttosto che ribadire il leit-motiv populista della "certezza della pena", la nostra vita democratica potrebbe fare qualche passo avanti: il carcere non è uno zoo». A rimarcarlo Guido Pietropoli, Garante dei diritti dei detenuti di Rovigo, che riporta l'attenzione sui problemi del carcere che fa il 30 e il 31 gennaio ha vissuto ore di tensione con atti di autolesionismo compiuti da un detenuto che si è messo in bocca delle lamette, un tentativo di impiccagione di un altro detenuto nel furgone della polizia penitenziaria che lo accompagnava nella struttura, un principio d'incendio in una cella, un tafferuglio, urla, minacce, spintoni e sputi.

I problemi

Il Garante rileva «la carenza d'organico, l'estrema tensione e difficoltà nella quale il personale opera. Ho sperimentato e apprezzato le qualità umane e professionali del personale di custodia di Rovigo e considerando la loro vita di sofferenza al contatto con persone sofferenti, credo che le loro rivendicazioni dovrebbero essere prese in attenta considerazione». Oltre alle difficoltà di chi c'è, ci sono anche quelle di chi manca: «Il nostro carcere non dovrebbe essere più essere chiamato casa circondariale, in quanto ben due reparti sono da anni destinati ai detenuti di alta sicurezza, senza che il personale possa godere dei vantaggi di questa classificazione che comporta ben altro numero di agenti e ben altro trattamento economico. Ma ancora, come più volte evidenziato, il direttore del carcere è cambiato con ritmo frenetico, quattro in tre anni, e lo stesso comandante attualmente è "a scavalco" tra Vicenza e Rovigo. Sembra che la casa circondariale della nostra città sia una sede poco interessante per la carriera dei funzionari, nonostante le strutture edilizie e il personale presente siano in grado di svolgere il loro compito con qualità tale da poter qualificare la struttura al rango di carcere guida in Italia».


La riflessone del Garante si allarga al versante dei detenuti: «Ascoltiamo giornalmente politici che ripetono di battersi per la certezza della pena e, purtroppo, talvolta parlano di "chiuderli dentro e di buttare la chiave". Questo "buttare la chiave" è una dichiarazione di rara spietatezza e ignoranza ed è tanto più colpevole trattandosi di argomenti sbandierati da chi dovrebbe essere il portabandiera della Costituzione. L'articolo 27 recita: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Un politico consapevole del suo ruolo non dovrebbe parlare solo di "certezza della pena", bensì e soprattutto di "certezza dell'azione riabilitativa del carcere". La funzione del carcere non è solo allontanare per un certo tempo dalla società chi si è macchiato di gravi reati, ma soprattutto di restituire alla società persone rieducate a vivere nel consesso civile. Se la "fabbrica carceri" ha un bilancio annuale di recidiva superiore del 60%, l'insuccesso può essere dovuto al materiale umano, ma può anche, e soprattutto, dipendere dall'inadeguatezza delle azioni messe in essere. Se una fabbrica ricevesse in resa il 60% della sua produzione, dovrebbe chiudere o farsi un attento esame di coscienza. I costi notevoli di queste strutture devono trovare giustificazione nella riduzione della recidiva, altrimenti la comunità dovrebbe dichiararne l'inutilità. La stessa città ospitante il carcere, Rovigo nel nostro caso, dovrebbe considerare questa struttura come un "ospedale per la cura di soggetti da restituire sani alla società" piuttosto che come uno "zoo in cui sono rinchiuse delle belve feroci". L'accoglimento positivo del carcere è segnale dell'esistenza di una comunità civile». 

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Il Gazzettino