Centro di ricerca sulla cannabis, tutti i politici contro la chiusura

Centro di ricerca sulla cannabis, tutti i politici contro la chiusura
C’è voluta la cannabis per mettere d’accordo il consiglio regionale del Veneto. Dalla maggioranza all’opposizione, tutti schierati a difesa del Crea-Ci di...

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C’è voluta la cannabis per mettere d’accordo il consiglio regionale del Veneto. Dalla maggioranza all’opposizione, tutti schierati a difesa del Crea-Ci di Rovigo, l’unico centro italiano di ricerca e produzione per le varietà di canapa utilizzate a scopo terapeutico, finito nella lista ministeriale delle sedi da tagliare. «Una scelta assurda perché non è affatto un ente decotto, anzi si tratta di un’eccellenza regionale e nazionale, che oltretutto non ha costi elevati», attacca il dem Graziano Azzalin, promotore insieme alla pentastellata Patrizia Bartelle di una mozione che ieri è stata condivisa da tutti i capigruppo di Palazzo Ferro Fini.


Scorrendo il “Piano degli interventi di incremento dell’efficienza organizzativa ed economica, finalizzati all’accorpamento, alla riduzione e alla razionalizzazione delle strutture”, spuntano sei riferimenti nordestini. Mentre per Conegliano (ricerca in viticoltura) e Gorizia (studi sulle relazioni tra piante e suolo) è stato deciso il mantenimento, per Bovolone (viticoltura) è stata disposta la chiusura e per Padova (ricerca su apicoltura e bachicoltura), San Giovanni Lupatoto (sperimentazione e certificazione delle sementi) ed appunto Rovigo (ricerca per le colture industriali) è stato indicato l’accorpamento con altri poli. Per nessun altro, però, si è verificata la mobilitazione politico-istituzionale che sta caratterizzando i laboratori polesani, tanto da oltrepassare i confini della provincia.

Il proposito del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria è chiaro: «L’ente sarà riorganizzato in 40 sedi (compresa l’amministrazione centrale di Roma), che rispetto alle 87 strutture di origine, rappresenta una riduzione numerica chiaramente superiore al 50% previsto dalla legge». Ma per tutti i gruppi consiliari regionali, Rovigo non merita di fare questa fine: «È l’unico centro italiano di ricerca sulla cannabis e luogo di produzione delle varietà utilizzate dallo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze per la produzione di cannabis terapeutica. Inoltre nel centro è ancora attivo l’ultimo e unico laboratorio pubblico di analisi delle barbabietole da zucchero che garantisce il servizio di analisi per la certificazione e registrazione di nuove varietà a vantaggio del settore della bieticoltura». Per i rappresentanti dell’assemblea legislativa veneta, oltretutto, questa dismissione avrebbe conseguenze pesanti ben oltre i confini regionali: «L’eventuale chiusura o trasferimento del Crea-Ci di Rovigo rischia non solo di far naufragare la produzione di cannabis a scopi medici, già avviata in via sperimentale alla fine del 2016, ma anche di vanificare gli investimenti messi in campo per la produzione delle talee per lo stabilimento militare farmaceutico fiorentino».

L’assunzione controllata di questo tipo di sostanza, peraltro, era stata oggetto di una legge regionale del 2012, contenente le disposizioni per l’erogazione di medicinali e preparati galenici a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche. Per questo, una volta messa ai voti e verosimilmente approvata, la mozione si propone di impegnare la giunta Zaia «a farsi parte attiva presso il governo per evitare la chiusura del Crea-Ci di Rovigo, patrimonio del territorio la cui attività è fondamentale per la ricerca e l’innovazione in agricoltura e per la selezione di nuove piantine e della piante e della coltivazione di piante per la produzione della cannabis terapeutica necessaria per soddisfare l’esigenza nazionale». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino