Cuccioli sequestrati a "collezionista" finalmente nelle mani dei volontari

Cuccioli sequestrati a "collezionista" finalmente nelle mani dei volontari
LUSIA - Sono stati adottati i 5 cuccioli e alcuni dei cani adulti sequestrati a marzo al "raccoglitore seriale" di Lusia, ma sono destinati a restare in canile decine di...

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LUSIA - Sono stati adottati i 5 cuccioli e alcuni dei cani adulti sequestrati a marzo al "raccoglitore seriale" di Lusia, ma sono destinati a restare in canile decine di altri animali sottratti alla custodia della stessa persona, caso emblematico del grande problema che la Lega per la difesa del cane di Rovigo sta affrontando in questi anni. «A quel "collezionista"  di Lendinara e Lusia è stata tolta la custodia di 80 cani», spiega Isabella Ghinello, presidente della Lega del cane di Rovigo che gestisce il Rifugio Cipa. La situazione dei «raccoglitori seriali» di cani è grossomodo sempre la stessa: la persona tiene un gran numero di animali stipati all'interno di un edificio, senza sterilizzarli né vaccinarli, in condizioni a dir poco inadeguate. «In Polesine abbiamo sei casi attualmente noti e il 70% dei cani ospiti del Rifugio di Fenil del Turco proviene proprio dai raccoglitori seriali - dice - Quello dei "collezionisti" purtroppo è il problema più grosso che ci troviamo a dover fronteggiare, quando il randagismo in Polesine è stato debellato e dovremmo poter concentrare le energie sulla piaga dell'abbandono». Alla base del comportamento di chi colleziona cani, persone che spesso vivono ai margini, ci sono problemi di natura psichiatrica che negli Stati Uniti sono classificati come vera e propria patologia.


«I cani sequestrati ai raccoglitori non sono adottabili da una famiglia, salvo i cuccioli e qualche eccezione tra gli adulti - constata la Ghinello - Si tratta di animali con problemi neurologici per via della consanguineità e con problemi comportamentali non risolvibili perché tenuti in condizioni inadeguate». Infatti gran parte dei cani sequestrati al raccoglitore di Lusia sono destinati a passare il resto della loro vita nel rifugio, un luogo in cui i volontari li accudiscono con amore ma non è come una famiglia. «Stiamo lavorando per far conoscere il problema in Polesine, dove abbiamo sei casi noti e seguiti - conclude Ghinello - È necessario formare dei team che comprendano non solo veterinari, ma anche psichiatri, e che gestiscano queste situazioni con l'aiuto della Polizia locale». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino