Tra tacchi e tomaie i "furbetti" sono anche fra i calzaturieri italiani

Controllo della Finanza in un laboratorio della Riviera del Brenta
MESTRE - «Questa volta non ci siamo limitati ai laboratori cinesi, ma i controlli li abbiamo estesi anche ai committenti italiani, chiamati in causa come responsabili solidali...

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MESTRE - «Questa volta non ci siamo limitati ai laboratori cinesi, ma i controlli li abbiamo estesi anche ai committenti italiani, chiamati in causa come responsabili solidali sul fronte dell’elusione contributiva».


Così Franca Cossu, combattiva responsabile della Direzione provinciale del Lavoro, sintetizza l’aspetto innovativo dell’ultima offensiva contro il sommerso nel calzaturiero, sferrata in Riviera e nel Miranese insieme a Guardia di Finanza, Spisal e Inps.











Quell’operazione "Colpo di tacco", che da novembre a ora ha interessato 48 tomaifici, con irregolarità riscontrate nel 70% dei casi e chiusura di otto opifici.

«È riduttivo - incalza Cossu - tacciare i cinesi di concorrenza sleale, ma chiediamoci chi dà loro lavoro come contoterzisti. Sono i calzaturifici italiani, anche quelli legati alle grandi griffe, al lusso e non solo del made in Italy, perché qui, sia chiaro, non stiamo parlando di contraffazione. E allora c’è il committente serio che va a verificare le condizioni del laboratorio cui si affida e fornisce anche il materiale, garantendo quindi la qualità sul prodotto finito. D’altro canto c’è il calzaturificio che pensa solo a spendere meno e quindi non si fa scrupolo di come le tomaie vengono confezionate». Si sa il modo più facile per abbassare i costi di produzione è quello dello sfruttamento dalla manodopera, dell’evasione fiscale e previdenziale, del mancato rispetto della normative igienico-sanitarie della sicurezza, dell’impiego di materiale scadente.



Ammonta a 54.918 euro il primo verbale per elusione contributiva "conto terzi", notificato a un calzaturificio rivierasco e già saldato. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino