MESTRE - «Questa volta non ci siamo limitati ai laboratori cinesi, ma i controlli li abbiamo estesi anche ai committenti italiani, chiamati in causa come responsabili solidali...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Così Franca Cossu, combattiva responsabile della Direzione provinciale del Lavoro, sintetizza l’aspetto innovativo dell’ultima offensiva contro il sommerso nel calzaturiero, sferrata in Riviera e nel Miranese insieme a Guardia di Finanza, Spisal e Inps.
Quell’operazione "Colpo di tacco", che da novembre a ora ha interessato 48 tomaifici, con irregolarità riscontrate nel 70% dei casi e chiusura di otto opifici.
«È riduttivo - incalza Cossu - tacciare i cinesi di concorrenza sleale, ma chiediamoci chi dà loro lavoro come contoterzisti. Sono i calzaturifici italiani, anche quelli legati alle grandi griffe, al lusso e non solo del made in Italy, perché qui, sia chiaro, non stiamo parlando di contraffazione. E allora c’è il committente serio che va a verificare le condizioni del laboratorio cui si affida e fornisce anche il materiale, garantendo quindi la qualità sul prodotto finito. D’altro canto c’è il calzaturificio che pensa solo a spendere meno e quindi non si fa scrupolo di come le tomaie vengono confezionate». Si sa il modo più facile per abbassare i costi di produzione è quello dello sfruttamento dalla manodopera, dell’evasione fiscale e previdenziale, del mancato rispetto della normative igienico-sanitarie della sicurezza, dell’impiego di materiale scadente.
Ammonta a 54.918 euro il primo verbale per elusione contributiva "conto terzi", notificato a un calzaturificio rivierasco e già saldato. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino