Treviso. Il caffè nella terrazza vista Mura: «Noi lo coltiviamo e lo tostiamo in casa»

TREVISO - Se pensavate che a Treviso si coltivasse solo radicchio o altri prodotti tipici vi sbagliate di grosso. Bruno Facchini, garbato signore di 84 anni, a due passi...

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TREVISO - Se pensavate che a Treviso si coltivasse solo radicchio o altri prodotti tipici vi sbagliate di grosso. Bruno Facchini, garbato signore di 84 anni, a due passi dalle mura medievali della città ha messo in piedi la sua personale coltivazione di caffè. Nel terrazzo del suo attico al sesto piano in zona Fra’ Giocondo ha seminato una varietà colombiana di caffè.


LA PRODUZIONE 
Cura con attenzione e passione le sue piante, che raggiungono i due metri d’altezza, e quando è il momento raccoglie i semi, in genere tra maggio e giugno: cinque chili di prodotto. Ci pensa poi sua moglie Giulia a provvedere alla artigianale torrefazione, che avviene rigorosamente nel forno di casa.
Ma non è finita qui. Bruno ha anche pensato al packaging. Accurato anche questo. Usa piccole scatole di alluminio del the, sulle quali incolla una bella etichetta personalizzata, realizzata sempre da lui.
E non gli manca il senso dell’umorismo. Il caffè Made in Treviso si chiama “Moren Porteros – Cafe de Altura”. Nome che non è altro che la traduzione spagnola di Bruno (Moreno) e Facchini (Porteros). Quanto alla classificazione di Cafè de Altura, «Beh, d’altronde è coltivato al sesto piano!» racconta sorridendo Bruno, che precisa che non è una coltivazione a scopo di vendita. E’ solo per la famiglia e per qualche amico, a cui regala orgoglioso il frutto di questa originale produzione a chilometro zero!


LA VITA
Ingegnere in pensione, classe 1940, medaglia d’oro di Maestro del Lavoro, Bruno è stato dirigente della Sile Caldaie di Casier per 55 anni, ricevendo dal Presidente della Repubblica Napolitano la medaglia d’oro di Maestro del Lavoro. Grande lavoratore ma anche grande viaggiatore.
E’ stato in ben 143 stati nei cinque continenti, compresi luoghi inaccessibili al turismo di massa. E proprio da un viaggio in Colombia è arrivata l’idea del caffè. «In Colombia – racconta Bruno – ho frequentato un corso sulla semina e tostatura del caffè e così ho portato nella mia terrazza questo ricordo di quella terra».


LA TESTIMONIANZA 
«Oggi che i miei occhi non vedono più bene, vivo di profumi e della manualità della terra nelle mie semine di caffè, avocado, varietà di peperoncini che mi diletto a far nascere nella mia terrazza, lasciando impresse nella mia mente le immagini e le esperienze straordinarie condivise con mia moglie in luoghi così lontani. Siamo stati in cinque continenti, viaggiando in 143 stati e sempre accompagnato da un sottofondo di musica barocca, perché il viaggio mi ha insegnato a vivere con dolcezza tra note positive».


IL RICORDO 


Dopo aver girato in lungo e in largo il mondo Bruno custodisce un ricordo su tutti: «Eravamo al confine con l’Aghanistan, Monti Pamir, 4.000 metri di altitudine: una famigliola ci racconta del loro bambino di dieci anni affetto da tumore. Non potendosi permettere l’intervento che gli avrebbe permesso di continuare a vivere, abbiamo raccolto una colletta affinché potesse essere operato presso l’ospedale della capitale Biskek». Perché prima di seminare caffè Bruno ha seminato anche bontà. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino