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GALZIGNANO - Da inizio anno sono già quattro gli esemplari trovati uccisi e “macellati” fra i cespugli dei boschi o gettati nel fondo di un fossato. Ad occuparsi dei cinghiali, evidentemente, non sono solo i selecontrollori, ma una schiera che si immagina sempre più fitta di bracconieri. Quanti sfidano il codice penale e sanzioni salatissime se sorpresi a sparare agli ungulati all’interno della zona protetta del Parco dei Colli euganei, non sono, a dire il vero, mai mancati. Mai come ora, tuttavia, i ritrovamenti delle carcasse di animali, si sono fatti più frequenti. Tanto da far pensare che il via libera alla caccia ai capi selvatici, anche se sommariamente interpretato dai patiti della doppietta, abbia avuto delle immediate conseguenze anche sulla sorte dei cinghiali. I vertici dell’Ente Parco, tuttavia, non vogliono pensare ad un incremento del bracconaggio fra i boschi dei Colli. Anche se non sottovalutano affatto il fenomeno.
LA STRETTA
«Nel giro di poco tempo – ha spiegato il vicepresidente del Parco, Antonio Scarabello – imporremo il marchio “doc” sulla carne dei cinghiali, che costituirà una sorta di autorizzazione alla commercializzazione della carne. Significa che gli alimenti provenienti dal cinghiali potranno essere solo quelli certificati da catture controllate. É allora possibile che l’imminente messa al bando di carni clandestine possa aver indotto qualche cacciatore ad “anticipare” i divieti, commerciando il più possibile». Un altro segnale che denota l’intensificarsi delle presenze dei bracconieri è dato dalle segnalazioni degli stessi selecontrollori autorizzati, oltre che dai residenti, di frequenti spari nei giorni di sabato e domenica.
«Nei fine settimana – sottolinea ancora Scarabello – i selecontrollori non escono per evitare di imbattersi in escursionisti o ciclisti ed evitare incidenti. La loro assenza costituisce evidentemente un incentivo per i cacciatori di frodo». Inutile dire che la presenza dei bracconieri, costituisce un rischio se la preda dovesse essere avvistata in zona non distante da insediamenti. Senza contare, ovviamente l’allarme sanitario costituito dalla commercializzazione non autorizzata di carni non controllate, in una fase delicata come quella che vede il propagarsi della peste suina. Nella sede dell’Ente Parco, tuttavia, c’è chi analizza il fenomeno dei frequenti ritrovamenti dei cinghiali uccisi da un altro punto di vista.
«I bracconieri - sottolinea infatti Riccardo Masin, presidente dell’Ente di tutela oltre che della Federcaccia di Padova - ci sono sempre stati.
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Il Gazzettino