VENEZIA - Bici smontate e fatte arrivare a pezzi in Italia dalla Cina per aggirare i dazi doganali. Per quest’accusa - di contrabbando aggravato e falso in atto...
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Stando alla ricostruzione dell’accusa la storica società, diventata famosa nel mondo per aver prodotto la “Graziella”, avrebbe escogitato un modo per aggirare i dazi doganali “antidumping”, quelli inseriti dall’Europa nel 2018 per cercare di arginare le importazioni sottocosto alla Cina. In questo caso, l’oggetto del contendere sono le biciclette elettriche, il cui import è soggetto a dazi solo si tratta dell’articolo completo, esenti i ricambi. Ebbene, la Bottecchia si sarebbe fatta spedire le biciclette scomposte, con lotti differenti, per poi assemblarle una volta arrivate in Italia. Un sistema che negli ultimi quattro anni avrebbe consentito alla società di Cavarzere di evadere dazi ben 2.174.922 euro.
UDIENZA DIBATTUTA
Numeri e ricostruzione contestati ieri dalla difese che con gli avvocati Alessandro Traversi, Andrea Ciani e Pietro Bellante hanno chiesto il proscioglimento dei due imputati e della società. Le singole importazioni, a detta dei difensori, non andrebbero sommate, ma considerate separatamente e in questa forma non supererebbero i 100mila euro, soglia di punibilità per il reato di contrabbando. La Bottecchia, poi, non si sarebbe limitata ad un mero assemblaggio dei pezzi, ma avrebbe caratterizzato con le sue lavorazioni il prodotto finito.
Una tesi contro l’altro che a questo punto si confronteranno in dibattimento. La data della prima udienza non è ancora stata fissata. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino