VENEZIA - Il boss comprava lingotti d'oro in un'azienda veneta, più precisamente a nord di Venezia, questo è quanto dichiarato da Raffaele Imperiale, meglio conosciuto come il boss dei Van Gogh. «Ho investito in lingotti d'oro...», anche da un noto centro orafo campano attraverso un contatto «...sono arrivato a 40 chilogrammi al mese». È lo stesso Raffaele Imperiale, 48 anni, narcotrafficante di caratura internazionale a confermare agli inquirenti quanto avevano scoperto dalle chat, e cioé che investiva i proventi della vendida di grosse quantità di cocaina nel più noto dei metalli preziosi. Imperiale è noto alle cronache giudiziarie con il soprannome di "boss dei Van Gogh" perché nel 2016 fu trovato in possesso di due quadri del pittore olandese rubati nel 2022 ad Amsterdam ed il cui valore fu stimato in 130 milioni di euro.

Imperiale (arrestato la scorsa estate a Dubai e poi trasferito in Italia), difeso dagli avvocati del Foro di Genova Giovanni Ricco e Maurizio Frizzi, ha avviato un percorso di collaborazione con i magistrati della Procura di Napoli. Le sue dichiarazioni su questo business le fa lo scorso 25 ottobre dinnanzi ai magistrati napoletani Maurizio De Marco e Giuliano Caputo e del facente funzioni di procuratore di Napoli Rosa Volpe. «So che a Napoli vendono solo lamine», ha dichiarato.

L'azienda veneta che vende lingotti al boss

Questa fantomatica signora il boss dice di averla conosciuta, insieme con il marito, «...tramite un calabrese latitante...». Imperiale afferma anche che quest'azienda portava avanti questa attività «di vendita parallela». «Sono arrivato (a comprare) fino a 40 kg di oro al mese», 20-25 chilogrammi (3-4 chili al giorno) dal centro orafo campano, la parte restante attraverso le cryptovalute. Ma «il prezzo cambiava a seconda della stagione, poi mi allontanai... ritenevo rischioso un possibile innalzamento dell'attenzione degli investigatori... alcuni operatori... facevano girare la voce di un interessamento all'oro dei signori della droga ed era facile, pertanto, che queste voci arrivassero alle forze dell'ordine, d'altra parte la grande disponibilità di denaro rendeva fondato il sospetto».