Maxi-bolletta da 5mila euro: «Mi spiace per i clienti, ma è troppo». Chiude dopo 60 anni la storica lavasecco Tre ponti

I titolari Mirco Ferrari e la moglie Valeria Viviani
VENEZIA - Un'altra serranda storica si abbassa per sempre a Venezia. Un servizio ai residenti e agli hotel del centro storico che molla dopo 60 anni di attività. La...

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VENEZIA - Un'altra serranda storica si abbassa per sempre a Venezia. Un servizio ai residenti e agli hotel del centro storico che molla dopo 60 anni di attività. La mazzata definitiva quasi 5mila euro di bollette dell'Enel per tre mesi di erogazione dell'elettricità. Vani i tentativi di chiedere una rateizzazione dell'importo, da qui la decisione di Mirco Ferrari, 75 anni, di chiudere la lavasecco Tre Ponti aperta nel 1962 e sempre gestita dalla sua famiglia, prima dalla mamma e poi da lui assieme alla moglie Valeria Viviani. Si trova a due passi da Piazzale Roma, proprio ai piedi dei Tre Ponti da cui prende il nome, con vetrine lungo la fondamenta Ca' Bernardo. È l'unica del territorio ed oltre a servire tutti i veneziani del sestiere, lavorava per importanti alberghi. «Tra i nostri clienti ci sono hotel come il Danieli, il Gritti e l'Europa - racconta Ferrari - tutte le mattine un nostro ragazzo faceva la spola con la barca per prendere la biancheria sporca dagli alberghi e alla sera la restituiva lavata e stirata».


A mettere in difficoltà il titolare le bollette più che triplicate dell'ultimo periodo. «Eravamo soliti pagare 500 euro al mese di elettricità - spiega - nell'ultimo trimestre abbiamo invece ricevuto tre importi da 1.600 euro. Per noi è davvero troppo. Avevamo chiesto alla proprietaria del negozio di far subentrare un altro affittuario, considerato che il nostro contratto scade tra cinque anni, ma questa proposta ci è stata negata». Così, oltre al dispiacere di dover lasciare e al rammarico dei clienti che perdono un servizio, si è dovuto sobbarcare la fatica e le spese di smantellare macchinari, lavatrici, assi, ferri da stiro. Il suo negozio è ora un cantiere: vetrine smontate, gru per portare fuori le pesanti macchine per il lavaggio, barche per trasportare e smaltire quello che è stato il suo lavoro. Entro il 31 gennaio gli spazi dovranno essere liberati.

I RICORDI
E ad ogni pezzo che viene portato via riemergono i ricordi di una vita. «Ad aprire la lavasecco era stata la mamma - racconta Ferrari - in realtà con le sue sorelle ne aprirono cinque sparpagliate in tutta Venezia a San Marco, a Cannaregio e al ghetto». La mamma è Lea Rina Cesana, di religione ebraica, che nel periodo della persecuzione degli ebrei si era salvata grazie ad una famiglia veneziana che la tenne nascosta in un sottotetto. «Non fu lo stesso per la nonna Anna Jarach - continua nei suoi racconti - grazie ad un medico compiacente era riuscita a farsi ricoverare assieme ad altri ebrei all'ospedale civile di Venezia, ma i fascisti ebbero una soffiata e fecero un blitz: vennero tutti deportati ad Auschwitz e la nonna non fece più ritorno».


Finita la guerra e tornata la normalità Lea Rina Cesana, assieme al marito Giovanni Ferrari, aprì la lavasecco poi passata al figlio. Un'attività che ha continuato ininterrottamente a lavorare fino a pochi giorni fa. «In negozio ho un viavai di clienti dispiaciuti - conclude il titolare - perdono un punto di riferimento, ma soprattutto un servizio. Temono che al nostro posto possano ritrovarsi un altro negozio di paccottiglia per turisti».
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Il Gazzettino