Sblocco dei licenziamenti, le imprese: «Non lasceremo a casa ondate di lavoratori»

Un'azienda manifatturiera
TREVISO - «La fine del blocco dei licenziamenti non scatenerà un’ondata di lavoratori lasciati a casa». Almeno nelle aziende manifatturiere della Marca:...

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TREVISO - «La fine del blocco dei licenziamenti non scatenerà un’ondata di lavoratori lasciati a casa». Almeno nelle aziende manifatturiere della Marca: se le stime dell’indagine Veneto Congiuntura verranno confermate, in provincia di Treviso i posti a rischio si aggirerebbero sul migliaio. La periodica rilevazione, curata dal sistema regionale delle Camere di commercio, ha dedicato un approfondimento al tema, chiedendo ad un campione di imprese se prevedono tagli agli organici dal primo luglio in poi, quando scadrà il divieto fino ad allora imposto per legge per contrastare la crisi Covid: poco più del 93% delle aziende ha assicurato di non prevedere diminuzioni del proprio organico. Anche chi pensa di licenziare, assicura che il provvedimento interesserà non più 13% del proprio personale complessivo. Una quota, dunque, equivalente all’1,2 -1 ,3% del totale di circa 101mila dipendenti considerati nella Marca. 


IL CAMPIONE

Va ricordato che l’analisi riguarda solo le industrie manifatturiere da dieci addetti in su (escludendo, dunque, le microimprese e comparti molto colpiti come il turismo o i servizi) ma la fotografia appare incoraggiante. Tanto da far dire a Mario Pozza, presidente della Camera di commercio di Treviso e Belluno, nonché di Unioncamere Venete: «Da certi allarmi, lanciati in questi giorni dai sindacati nazionali, sembra che gli imprenditori non aspettino che lo sblocco per licenziare: invece le nostre imprese, i propri lavoratori, magari dopo averli formati a lungo, se possono se li tengono ben stretti». 


PRESTITI ONORATI
Altro elemento: il 59% delle imprese, dall’inizio della pandemia, non ha avuto bisogno di chiedere la sospensione delle rate dei prestiti. Un altro 13% vi ha fatto ricorso, ma si è già rimesso a regime. Resta un 28% con moratorie ancora in atto: anche all’interno di questo gruppo, però, solo poco più di una su dieci teme di avere difficoltà a ripianare il debito alla scadenza e valuta una ristrutturazione. Preoccupano maggiormente, invece, i risultati di un terzo focus dell’indagine: le tensioni sulle materie prime: «Il 58% delle imprese intervistate ha percepito un aumento generalizzato dei prezzi rispetto al 2019, con un rincaro medio del 12,7% (ma l’acciaio ad esempio, da agosto è aumentato del 405, ndr) - nota Pozza - E si fa fatica ad approvvigionarsi di componentistica elettronica. Saranno temporanei, questi rincari, come dicono gli analisti, ma intanto complicano non poco questa fase di ripartenza, perché talvolta le imprese si trovano nell’oggettiva difficoltà di evadere gli ordini, per carenza di materie prime o semilavorati». 


IN RECUPERO

I dati si inseriscono in un quadro in cui il manifatturiero trevigiano prosegue il suo recupero dopo il crollo coinciso con il culmine della pandemia: nel primo trimestre 2021, la produzione industriale cresce del 3,7% rispetto ai tre mesi precedenti. Certo, come fisiologico, l’incremento assume ritmi più “normali”, dopo i forti rimbalzi di settembre (più 16,5%) e di dicembre (più 8,8%). Risale anche il fatturato (più 2%) e migliora anche il grado di utilizzo degli impianti: a marzo sfiora il 74% (era al 70,5% a fine anno), riportandosi sui livelli del 2019. E le aziende dichiarano di avere lavoro per 51,6 giorni, cinque in più dello scorso dicembre. 


LE FILIERE IN DIFFICOLTA’



Il recupero, tuttavia, non è per tutti. Se vanno bene elettrodomestici, legno-arredo, ma anche gomma plastica, come spiega Federico Callegari, responsabile dell’Ufficio studi dell’ente camerale, «restano fuori dal coro l’industria alimentare e il sistema moda: la prima presenta un grado di utilizzo degli impianti addirittura in flessione rispetto alla fotografia di fine anno (dal 71% al 68%), pagando con tutta evidenza il protrarsi delle limitazioni alle attività del turismo e della ristorazione. Anche il secondo si ferma ad un grado di utilizzo degli impianti al 68%, pur in risalita di 5 punti rispetto al trimestre precedente». Le imprese, però, si mostrano in generale ottimiste per il prossimo futuro: dopo l’incertezza ancora predominante a fine 2020, la maggioranza prevede ulteriore crescita per produzione, fatturato e raccolta ordini anche nel trimestre in corso. 
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Il Gazzettino