TORREGLIA - In Germania è la compagna tradizionale dei wurstel e delle patate. In Veneto sarà forse destinata a fare coppia fissa con polenta e baccalà. Toccherà agli...
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Quello che più importa è il primato firmato dal "Birrificio Antoniano" in collaborazione con la Coldiretti, pronti a proporre e lanciare sul mercato la prima "bionda" a chilometri zero, che fa già parlare di sè gli esperti del gusto.
L'esordio ufficiale della "birra autoctona" è fissato per domani all'antica Trattoria Ballotta di Torreglia, dove la "bionda" veneta si è già aggiudicata il primo premio dell'ambito concorso enogastronomico "Vergani", istituto anni da fa locale collinare.
La bevanda è interamente prodotta all'interno dei 90 ettari di un'azienda agricola di Conselve, di proprietà del Birrificio Antoniano. Gli ingredienti sono quelli tradizionali: l'acqua, che rappresenta il 90% del prodotto, arriva dal bacino del Brenta, mentre l'inconfondibile amaro aromatico della birra è donato dal luppolo, pianta nota anche in Veneto con il nome di "bruscandolo" o luppolo selvatico, della quale si erano perse le tracce. Il Conselvano non è la Baviera eppure proprio dalle terre argillose delle campagne della Bassa i produttori ricavano un orzo selezionato accuratamente attraverso sementi qualificate, monitorato costantemente da agronomi specializzati.
Il colore della nuova birra "made in Veneto" è invitante, anche la gradazione alcolica che raggiunge il 5.4%, promette di fare della buona autoctona una bevanda per tutti. Invitante la schiuma fine, bianchissima e persistente, che ne fa, secondo i produttori, una bevanda dal corpo deciso ma non stucchevole, morbida e avvolgente. Il luppolo è lavorato sempre in terra veneta, nel Veneziano, prima che le materie prime siano introdotte nello stabilimento del Birrificio Antoniano di Villafranca Padovana. Pronta allora la scalata della birra a km zero nei ristoranti padovani, oltre che nelle pizzerie e nelle sagre. Contendere la piazza al merlot e al raboso sarà dura, ma le vie del gusto, come quelle della sete, sono davvero infinite. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino