Il Tar respinge il ricorso della ditta, non si può fare l'impianto a biogas

Una delle proteste dei residenti
PAPOZZE - A vuoto il ricorso della Valsugana Green Energy contro il provvedimento municipale di diniego alla realizzazione di un impianto per la produzione di biometano da...

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PAPOZZE - A vuoto il ricorso della Valsugana Green Energy contro il provvedimento municipale di diniego alla realizzazione di un impianto per la produzione di biometano da fonti rinnovabili.


Il Tar del Veneto ha respinto l’impugnazione chiesta dalla ditta trentina, definendo una questione che per lungo tempo ha tenuto col fiato sospeso i residenti costituitisi nel comitato No Biogas. Con manifestazioni, incontri e conferenze la comunità si era tenacemente opposta alla realizzazione dell’impianto con il quale la Valsugana Green Energy aveva in progetto la produzione di biogas da deiezioni animali, pollina derivante da allevamenti intensivi, biomasse agricole e scarti vegetali da produzioni industriali.

La zona individuata per l’insediamento è l’area ex Manzolli, lungo l’Eridania Est, a poche centinaia di metri dal centro abitato. Una ubicazione ritenuta inidonea dall’Ufficio tecnico comunale che, a seguito di un lungo iter istruttorio, non aveva rilasciato la concessione richiesta, archiviando la pratica.

Contro il provvedimento è quindi ricorsa la Valsugana Green Energy per ottenerne l’annullamento dai giudici amministrativi previa sospensione dell’efficacia. A difesa delle proprie posizioni, il Comune si era affidato all’avvocato Matteo Ceruti di Rovigo. Dopo l’esame degli atti, il Tar ha rigettato il ricorso, ritenendo legittimo il provvedimento impugnato: “La possibilità di ubicare questa tipologia di impianti in area agricola, hanno precisato i giudici, è subordinata a una valutazione specifica di compatibilità con la destinazione della zona, vocata, secondo lo strumento urbanistico, alla trasformazione di prodotti agricoli ed alimentari destinati alla lavorazione e alla commercializzazione. Farebbe difetto anche il requisito del pericolo, in quanto non è possibile la realizzazione dell’impianto senza gli interventi di bonifica e di adeguamento progettuale alle prescrizioni di carattere ambientale e sanitario”. 


Il Tar ha pertanto ritenuto che non sussistano i presupposti per l’accoglimento del ricorso e ha condannato la parte ricorrente a pagare anche le spese di giudizio sostenute dal Comune. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino