Bimbo di 8 anni sparò e uccise la mamma: il proprietario della pistola accusato di concorso in omicidio colposo

Le prime ricerche dei carabinieri dopo la tragedia
ARIANO POLESINE - Una pistola nascosta nel cassetto di un comodino. La stessa che per un tragico errore, ha sparato spezzando la vita di Rkia Hannaoui, 31 anni, originaria...

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ARIANO POLESINE - Una pistola nascosta nel cassetto di un comodino. La stessa che per un tragico errore, ha sparato spezzando la vita di Rkia Hannaoui, 31 anni, originaria del Marocco, casalinga e madre di due bambini. Un abisso di dolore reso ancora più profondo dal fatto che la pistola dalla quale è partito il proiettile che ha raggiunto la donna alla testa, uccidendola, fosse mani di uno dei due figli, il minore di 8 anni, con il fratello di due anni più grande che era in quella stessa cucina dove la tragedia si è compiuta, il 28 marzo ad Ariano. Per la legge i due bambini, sotto i 14 anni, non sono perseguibili. Ma per l’omicidio un indagato c’è. Il pm Maria Giulia Rizzo gli ha notificato l’avviso di conclusioni delle indagini preliminari, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Si tratta di Giacomo Stella, l’81enne proprietario dell’appartamento al piano terra di via Fine dove Rkia viveva in affitto col marito e i bambini, occupando per sé quello al primo piano, nonché proprietario della pistola, una Beretta calibro 6.35 Browning, una pistola che sembra quasi un giocattolo. A lui la Procura contesta l’ipotesi di reato di omessa custodia dell’arma, nonché la cooperazione colposa nell’omicidio colposo.



LA DIFESA

A opporsi a questa formulazione accusatoria è l’avvocato Franco Modena, penalista di lungo corso, che assiste Stella. «A mio avviso - spiega - un’incolpazione di questo tipo è prodotta dalla somma di tante, troppe, forzature, quasi che vi sia una necessità di individuare comunque un colpevole di questo doloroso omicidio che ha avuto un’ampia eco mediatica».
Il primo punto contestato dal legale, che ha presentato istanza di riesame chiedendo l’archiviazione con un’articolata memoria difensiva, è proprio quello da cui tutto discenderebbe, ovvero l’omessa custodia. «Stella è un anziano che vive da solo in una zona isolata, a ridosso dell’argine del Po di Goro. La detenzione di quel piccolo calibro ha uno scopo di difesa personale, motivo per cui l’arma deve essere necessariamente custodita in un luogo riservato, ma accessibile. Come risulta dagli atti, Stella possedeva fucili da caccia, scrupolosamente conservati in un armadio blindato».


Stella, appunto, vive solo in casa. Ma secondo la ricostruzione accusatoria, i due bambini avevano libero accesso a questa. «Attenzione - ammonisce Modena - questa deduzione è indotta da una captazione di un colloquio del padre dei bambini con suo fratello e oltre al fatto che tecnicamente non ho partecipato a traduzione e trascrizione, per cui potrei oppormi all’utilizzo di questa fonte di prova, non è logico pensare che questa sia la riflessione di un padre che in qualche modo cerca di minimizzare, anche a sé, la responsabilità dei propri figli? Non a caso la testimonianza di un terzo, la signora che un paio di volte a settimana aiuta Stella con le pulizie di casa, è di segno opposto: dice sì che i bambini venivano accolti da Stella, ma tutt’al più li faceva entrare in cucina o nella sala, non in certo in camera da letto, che è una stanza separata e distinta. Non aperta all’accesso libero dei bambini. Tutt’altro. La ricostruzione concorde di quel giorno è che i due piccoli siano saliti da Stella per chiedere della conserva di pomodoro perché la mamma voleva preparare il sugo. Mentre lui era distratto per recuperare la conserva, uno dei due si è intrufolato in camera, andando a frugare e rovistare, aprendo il cassetto, peraltro di non facile apertura, del comodino. Dov’è che Stella avrebbe consentito, come recita l’accusa, al bambino di impossessarsi della pistola? Non era lasciata in bella mostra, in un posto di facile accesso: era nascosta ed è stata sottratta furtivamente».


L’avvocato Modena pone poi l’ulteriore dubbio sull’inquadramento giuridico del concorso colposo in un omicidio colposo. «L’articolo 113 del codice penale parla di cooperazione, non prevedendo una condotta omissiva. La giurisprudenza su questo è chiara, lo dicono sentenze della Cassazione. Perché ci sia collaborazione colposa ci deve essere la consapevolezza di contribuire all’azione altrui. Quale consapevolezza c’è stata in Stella di dare un contributo all’omicidio? Per questo ho chiesto l’archiviazione sia in punto di fatto, perché ci sono più interrogativi che certezze nel sostenere l’accusa, sia in punto di diritto».
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Il Gazzettino