TREVISO - «Devo dirti una cosa brutta, non arrabbiarti». Ha iniziato così, seduto in auto accanto alla madre, a raccontare le violenze sessuali subite durante...
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La madre del ragazzino di 11 anni (oggi ne ha 20, ndr) è venuta a conoscenza delle violenze nel 2013, tre anni dopo i fatti. «Non dimenticherò mai quella sera - ricorda - Ero andata a prendere mio figlio, allora 14enne, e mentre rientravamo a casa mi ha “vomitato” addosso questo macigno che si portava nello stomaco. Quando ho cercato di capire chi era stato e quando era successo, si è chiuso nel silenzio che in parte si porta ancora dietro come un drappello». Da quel momento è scattata la denuncia e l’indagine che ha portato all’identificazione di quell’uomo che, quando faceva l’animatore per una cooperativa in quella casa vacanze, di anni ne aveva 24. Ed è anche emerso che l’anno successivo, il 2011, le stesse violenze sessuali erano stata consumate nei confronti di un altro ragazzino veneziano di 13 anni.
IL PROCESSO
Fin da subito i legali dell’animatore avevano prodotto documenti, rilasciati dall’azienda sanitaria trevigiana, che sostenevano come il 34enne avesse un handicap. Il gip non era convinto, tanto da disporre il rinvio a giudizio del 34enne. Soltanto a dibattimento, dopo la perizia psichiatrica effettuata da Davide Roncali, l’imputato è stato dichiarato incapace di intendere e di volere. «È la vittoria di un sistema giuridico nel quale le vittime, strappate al loro naturale passaggio sereno all’adolescenza, diventano colpevoli - conclude la madre del ragazzino trevigiano - I due minori sono stati sentiti alla presenza di specialisti e hanno confermato i fatti». Contro la sentenza si erano subito espressi anche i legali della parti civili, gli avvocati Annamaria Marin e Sergio Gerin: «È stato un grande dolore per tutti. Sono trascorsi anni di enorme sofferenza per i genitori dei due ragazzini». La battaglia sembra dunque destinata a continuare. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino