Il Marocco contesta la tenda del Sahara Occidentale: «Non esiste»

Il Marocco contesta la tenda del Sahara Occidentale: «Non esiste»
VENEZIA - Alla Biennale Architettura di Venezia di quest'anno non c'è il padiglione del Marocco. Ora però si scopre che c'è quello del...

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VENEZIA - Alla Biennale Architettura di Venezia di quest'anno non c'è il padiglione del Marocco. Ora però si scopre che c'è quello del «Sahara occidentale» (http://western-sahara-pavilion.org). E la cosa piomba come un macigno nelle acque calme di un paese concentrato a fare il Ramadan, il mese sacro di digiuno. La questione dei territori desertici contesi, da oltre 40 anni spina nel fianco del regno, finisce questa volta sotto i riflettori della cultura.

'Telquel', il quotidiano marocchino in lingua francese riporta con enfasi il caso. Per la verità, il Sahara occidentale non figura nella lista ufficiale delle nazioni, ma in quella dei partecipanti alla Biennale d'architettura 2016. La tenda che definisce lo spazio per i saharawi è stata realizzata da un architetto tedesco Manuel Herz in collaborazione con «l'Unione nazionale delle donne saharawi» e si trova in un giardino, uno spazio al di fuori dai siti della Biennale eppure al tempo stesso incluso nel percorso della prestigiosa esposizione. Herz - riporta il quotidiano marocchino - in un'intervista assicura che si è trattato di «una scelta ponderata, e che il collocamento in giardino rappresenta un pò la situazione politica di un paese non ancora riconosciuto da tutti». 

Sul quotidiano inglese "The Guardian", Herz era già entrato nel merito dell'installazione: la tenda - aveva spiegato qualche giorno fa - «dice che malgrado un conflitto in corso, i saharawi sono riusciti a costruire un luogo di emancipazione e di autogoverno, il campo tentato cioè, veramente democratico e non certo un luogo di miseria». L'interesse dell'architetto era quello di isolare un caso di pregiudizio che si confuta da solo.
L'accampamento che tutti credono un posto di emergenza, miseria e povertà è diventato un modello di organizzazione abitativa in primo luogo, per i rifugiati di tutto il mondo. La reazione del Marocco non si è fatta attendere. E arriva attraverso Tarik Oualalou, l'architetto che è stato il commissario scientifico del padiglione marocchino alla Biennale dell'anno scorso: «è un progetto strumentalizzato e di propaganda».
Testimone diretto della grande attenzione diplomatica del programma della Biennale, Oualalou è sconcertato dall'idea stessa di un padiglione fuori zona e fuori luogo. «La nozione di "Stato del Sahara occidentale" è una fantasia pericolosa, senza base storica, che si è infiltrata nel processo di decolonizzazione del Marocco. Le popolazioni saharawi vivono in condizioni infamanti, letteralmente prigionieri nei campi in Algeria, privati dei diritti fondamentali».


Molto più pacata la replica della Biennale, che prende atto della questione ma ricorda che, come gli stessi media marocchini puntualizzano, l’installazione è riferibile a un architetto partecipante come singolo e non implica quindi alcun tipo di riconoscimento politico. «Non si tratta di un padiglione nazionale e quindi non vi è nessuna legittimazione di carattere politico - fanno presente dalla Biennale - il direttore Alejandro Aravena ha avuto più volte modo di sottolineare che il suo interesse, e il focus della mostra, è esclusivamente legato alle architetture emergenziali di ogni parte del mondo». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino