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VENEZIA - Ciò che il Riesame di Trieste aveva smontato, la Cassazione rimette in piedi. Il passaggio chiave è nella chiusura del dispositivo con il quale i supremi giudici annullano l'ordinanza impugnata dalla procura Antimafia di Trieste rimettendo sul tavolo del tribunale di Trieste la questione dell'aggravante mafiosa nell'inchiesta sul presunto tentativo di controllo di banchetti e mercatini a Bibione da parte di un gruppo di ambulanti attraverso una serie di estorsioni.
«A Bibione era mafia» La Cassazione riapre il processo sui clan
Scrive la Cassazione che nel cancellare l'aggravante del metodo mafioso dai capi d'accusa, il Riesame di Trieste «non ha motivato adeguatamente l'esclusione dell'aggravante, non avendo considerato che non è necessario che chi è indagato per un reato in cui sia contestata l'aggravante prospetti alla persona offesa la sua appartenenza alla criminalità organizzata, ma che tale sia l'impressione che ne ha avuto la vittima». E stando alla tesi della procura antimafia di Trieste, sostenuta anche nell'impugnazione al Palazzaccio, a Bibione il clima era pesante. «Non sono quindi state considerate le dichiarazioni delle persone sentite - si legge ancora nella sentenza della Cassazione - dove viene fatto più volte riferimento al fatto che i dichiaranti avevano l'impressione di trovarsi al cospetto non di un semplice gruppo organizzato che voleva difendere gli interessi di alcuni ambulanti, ma di una vera e propria associazione mafiosa».
La Cassazione spinge l'orizzonte ancora un po' più in là e bacchetta il Riesame anche sulle scarcerazioni: «Quanto infine alla sussistenza di esigenze cautelari, le stesse dovranno essere rivalutate all'esito della decisione emessa in punto di sussistenza dei gravi indizi di reato relativi ai capi di incolpazione».
Per gli Ermellini avevano quindi ragione la procura, la Distrettuale Amtimafia e il giudice per le indagini preliminari di Trieste.
All'alba del 15 settembre la guardia di finanza di Trieste eseguiva nove ordinanze di custodia cautelare. Finivano nelle carceri di mezza Italia Zefferino Pasian, i mercanti napoletani Renato e Beniamino D'Antonio, Gennaro Carrano, Salvatore Carrano, Raffaele e Salvatore Biancolino, Giuseppe Morsanuto (ex presidente di Confcommercio Bibione) e Pietro D'Antonio, considerato dall'Antimafia il promotore del gruppo di ambulanti ribelli e «contiguo» al clan camorristico Sarno-Contini-Licciardi: tutti avrebbero preso parte al tentativo di impadronirsi dei mercati di Bibione, a partire dalla manifestazione I giovedì del Lido del Sole. Il 7 ottobre quell'impianto crollava, demolito dal dispositivo del Riesame di Trieste e tutti venivano scarcerati.
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Il Gazzettino