«Vado a vivere da sola». Bebe Vio sabato compie 20 anni e - racconta all'Ansa - fa «una scelta di crescita: a questo punto non sono più una teenager,...
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«Bebe - attacca papà Ruggero - è sempre stata una bambina vivacissima. Si è fatta notare sin dal primo giorno che è nata, piangeva sempre, non dormiva mai». Determinazione e forza di volontà sono elementi imprescindibili del suo essere, come quando a due anni pretese di portare giù dalle scale di casa una valigia che era più grande di lei: «io posso fare tutto quello che voglio», lo disse allora, e quella frase è diventata una sorta di motto, il motore della sua vita. A quattro anni Bebe inizia a fare sport, come tante bambine della sua età mamma Teresa e papà Ruggero la iscrivono ad un corso di ginnastica artistica, alla prima gara sociale, dopo essersi fatta spiegare cosa fosse una "gara", la piccola Bebe dimostra una innata predisposizione all'agonismo e vince. Ha solo quattro anni. E quando, qualche mese dopo deve prepararsi al saggio finale, Bebe decide di non farlo, «se non si vince, non voglio farlo», e non lo fa.
A cinque anni il colpo di fulmine con la scherma: Bebe è iscritta ad un corso di pallavolo, ma si annoia, nella palestra accanto tirano di scherma: «è stato amore a prima vista, una vera e propria folgorazione». Nel frattempo Bebe cresce, va a scuola, e dimostra tutto il suo carattere e la sua determinazione. A 9 anni scrive una lettera al sindaco di Mogliano Veneto per lamentarsi dei pericoli della strada vicino casa, dove c'è un continuo via vai di mezzi pesanti e il fratello Nicolò (di due anni più grande) non può prendere la bicicletta per andare a prendere lo scuola bus. Bebe raccoglie le firme nel vicinato e la porta dal sindaco: «qualcuno deve farlo, allora lo faccio io», dice. A scuola si candida per il consiglio comunale dei ragazzi, anche se frequenta ancora le elementari. Manco a dirlo viene eletta e si occupa di sicurezza stradale e riesce a far fare la pista ciclabile vicino casa. D'estate va a 'lavorarè nell'asilo nido di un'amica di famiglia, accompagna la sorella minore Sole, e aiuta i bambini a imparare a camminare.
A 11 anni la malattia, una meningite devastante. Perde braccia e gambe. «La vita è ricominciata al centro protesi», racconta. Uscita dall'ospedale Bebe è stata due mesi a casa, «è stato un momento molto difficile, faticoso, doloroso», poi al centro protesi la ripartenza. «Era il mese di giugno, ci dissero che ci volevano sei mesi», ma Bebe fu categorica: «ad agosto devo andare all'isola d'Elba al mare». Nessuno credeva che Bebe sarebbe riuscita nella sua sfida «e invece dopo 9 settimane eravamo all'Elba». Una sfida vinta con determinazione dandosi obiettivi a breve, medio e lungo termine. «Ogni lunedì - spiega il padre - puntava il più bravo e tutta la settimana lavorava per migliorare fino a sfidarlo il sabato ed a vincere la sua sfida. Nove settimane dopo è uscita dal centro protesi, l'hanno definita un fenomeno». Bebe è una che non si arrende, e che pretende moltissimo. camminare bene non le basta, vuole fare tutto come gli altri, meglio degli altri «solo così - dice - la vita ti gratifica. Bisogna provarci sempre, come è capitato con il selfie con Obama». A 12 anni, dopo la malattia e le amputazioni Bebe impara nuovamente a camminare e torna in quell'asilo nido dove fino a un anno primo aveva insegnato ai bambini a camminare. E vuol tornare anche a fare scherma. Ma come si fa a tirare di scherma senza braccia? Una domanda che Bebe nemmeno vuol sentire.
Nel Natale del 2009 va a Roma per fare un "provino" con Fabio Giovannini, allenatore della nazionale paralimpica, le legano il fioretto alle protesi con lo scotch e lei fa vedere cosa sa fare.
Il Gazzettino