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MONTEBELLUNA - Gli mancava soltanto un ruolo da ricoprire. Dopo oltre mezzo secolo all'interno della stessa società, prima da giocatore, poi da allenatore e infine da dirigente, per Oscar Lucati restava scoperta solo la casella da presidente. Ora ha occupato pure quella. Autentica istituzione per il Basket Montebelluna, da qualche settimana è salito al vertice dello storico sodalizio subentrando ad Alessandro Dal Bello. Punto di riferimento fin dalle origini, Oscar vanta una militanza iniziata nel 1968. Anni pionieristici quando, complice il guru Franco Brusatin, lui ed altri ragazzi misero in piedi la prima squadra.
«Ci avvicinammo alla pallacanestro all'interno del Grest, allestendo un gruppo assieme ad altri giovani appassionati di Castelfranco ricorda un po' alla volta le cose crescevano, partecipavamo ai primi campionati vincendo molte partite. Un periodo di grande entusiasmo, nel quale era anche arrivato lo sponsor Bin Caffè. Dopo qualche anno come giocatore decisi di frequentare il corso allenatori».
Sempre accanto a Brusatin, per poi prenderne il posto in un'occasione particolare.
«C'era una partita molto importante. Ad un certo punto lui protestò vivacemente contro un arbitro, non si trattenne e gli strappò pure il fischietto. Venne espulso e poi squalificato per due anni. Fui catapultato in panchina da capo allenatore, mentre lui dava indicazioni dalla tribuna. Con questa modalità facemmo il doppio salto dalla Promozione alla serie C. Poi Franco riprese il suo ruolo e io tornai a fare il vice».
Anni ruggenti. Grazie anche ad un manipolo di ragazzi usciti dal vivaio.
«Una squadra tutta fatta in casa, c'erano il compianto Franco Boaro, Nepal Donetto, i due fratelli Rugolo, Pellizzari America e Riccardo Lamberti.
Personaggi come Daniele Schiavinato a fare da collante.
«Con il Presidentissimo c'era grande entusiasmo nell'ambiente, poi arrivò anche Titta Vaccari e lo sponsor Nordica. Dopo la Liberti Treviso eravamo il punto di riferimento in provincia. I nostri buoni rapporti con il mestrino Celada fecero arrivare altri talenti, come Guerra».
E poi il sogno spezzato della A2.
«Ci andammo vicino nel 1982/83. Arrivammo terzi dietro a Vicenzi Verona e Necchi Pavia, che furono entrambe promosse. In quegli anni indossarono la nostra canotta giocatori del calibro di Porto, Maffezzoni, Giorgio Giomo, Bocchi, Cella, Borghetto, Croce e Volpato. Davvero stagioni d'oro».
Finita quell'era, tornò a fare il coach in capo.
«Allenai per altri due anni. Poi fui davanti ad un bivio, cioè se diventare coach di professione oppure no. Facevo l'insegnante e mi ero sposato da poco, così scelsi la scuola. Si chiuse l'epoca Nordica, ci furono due retrocessioni ed io mi concentrai sullo sviluppo del vivaio mentre si susseguivano nuove conduzioni tecniche, presidenti e sponsor. Risalimmo in C1, poi il nuovo rinascimento con DB Group e Valter De Bortoli».
Da dirigente molti sono stati i giocatori di valore usciti dal settore giovanile.
«Tra gli altri vanno menzionati Giovanni Dalla Libera, Valerio e Franco Binotto, Alberto Pizzolato, che dopo essere stati lanciati in prima squadra sono approdati in società professionistiche. Tra quelli in attività naturalmente Nicola Akele, ora alla De' Longhi, ed il talento Giordano Durante, tra i protagonisti con la Rucker San Vendemiano, con la quale abbiamo in piedi un ottimo accordo, che ha appena sfiorato la Serie A2».
Molti i suoi incarichi a livello di federazione.
«Sono stato per anni consigliere provinciale e in seguito nazionale della Fip. Ho fatto parte anche del Consiglio Federale, sempre con spirito di servizio. Come in occasione della presidenza del Panathlon Club Montebelluna».
Adesso è arrivata la massima carica societaria.
«Dal Bello era troppo assorbito dal lavoro, così quando ha passato la mano il Consiglio ha deciso di affidarmi la presidenza. Per me una responsabilità in più, ma che mi dà una ulteriore spinta a lavorare con intensità. Non sono anni facili, gli sponsor latitano e anche a livello dirigenziale non c'è ricambio. Servirebbe allargare la base, visto che abbiamo oltre 250 tesserati tra minibasket, otto squadre giovanili e la serie C. Vogliamo soprattutto incrementare il lavoro nel vivaio, sul quale punteremo per produrre giocatori interessanti».
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Il Gazzettino