Maritta e il suo bar in vendita: «Dietro al bancone da sola per 14 ore al giorno»

Maritta Gobbato
SACILE - Per Maritta Gobbato la pandemia si è rivelata una sorta di stop and go dei suoi progetti di vita. Come la punizione lieve che veniva inflitta ai piloti di formula...

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SACILE - Per Maritta Gobbato la pandemia si è rivelata una sorta di stop and go dei suoi progetti di vita. Come la punizione lieve che veniva inflitta ai piloti di formula uno rei di qualche piccola colpa in pista. Un fermo obbligato prima di poter ripartire. Poco prima dell'arrivo del virus aveva messo in cantiere la cessione della sua attività sacilese, il bar Daniel che si affaccia sulla Pontebbana a due passi dal passaggio a livello, alle porte del paese. Trovati gli acquirenti, qualche settimana prima di mettere nero su bianco arrivò il lockdown di bar e ristoranti come sgradito regalo per la Pasqua 2020. L'affare sfumò, ovviamente, perché nessuno vuol acquistare un'attività che non può aprire e le bocce rimasero ferme per due anni.


L'idea di vendere però non le è passata. Maritta, 58 anni, nata in Svizzera, vissuta a Concordia Sagittaria e trapiantata a Sacile, aveva lasciato il posto sicuro al controllo qualità della Purina Nestlè di Portogruaro per seguire la sua passione di sempre: un'attività che fosse a contatto con il pubblico. Avventura che aveva condiviso inizialmente con una cugina che «dopo poco ha venduto per un milione di euro la casa ereditata a Ginevra e mi ha abbandonata, è rimasta definitivamente in Svizzera». Il locale sembra funzionare, ci si può mangiare a mezzogiorno con poco più di una decina di euro e fare colazione già alle 5 del mattino. Tirare avanti da sola per 13/14 ore al giorno però non è facile e Maritta è stanca. Soddisfatta del suo lavoro, ma affaticata.


«Prima, quando c'erano i voucher, era anche possibile prendere un aiuto, ma oggi che non ci sono più per me assumere una persona è troppo oneroso», dice. Così vuole cedere l'attività, conta di ricavarci intorno ai 100mila euro e poi ripresentarsi dietro un bancone «ma da dipendente, senza tutto questo stress». «Non ho intenzione di finire i miei anni così», commenta quasi arrabbiata. Anche lei rientra nel mucchio di imprenditori i cui figli non intendono seguirne le orme professionali. I suoi, un maschio e una femmina, di 30 e 29 anni, hanno preso altre strade. Non ha dubbi che riuscirà a cedere i 75 mq. di locale che nel frattempo continua a gestire con impegno. Perché il nome Bar Daniel? «Perchè credo negli angeli che ci proteggono» risponde sicura che l'angelo Daniel sia il protettore dei commercianti. Della cosa non v'è conferma ma, come ammette lei stessa «forse abbiamo solo bisogno di credere che ci sia qualcuno che ogni tanto ci aiuta». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino